"L'idiota" è il titolo di uno sceneggiato televisivo in sei puntate prodotto dalla Rai e trasmesso sul Programma Nazionale dal 26 settembre al 17 ottobre 1959. Tratto dal romanzo forse più amato da Fëdor Michailovic Dostoevskij, la cui "idea poetica più bella e più ricca", come ha lasciato scritto lo stesso romanziere, era quella di rappresentare "un uomo assolutamente buono". In effetti il protagonista, il principe Miškin, incarna un ideale di bontà e di innocenza morale, ma insieme di inopportunità, di inadeguatezza. Inesperto nella vita, ingenuo, sprovveduto, la sua idiozia consiste nel nutrire una sconfinata fiducia negli altri e nell'essere privo di qualsiasi forma di egoismo. Il suo opposto, il giovane Rogožin, ha assunto completamente su di sé ciò che in Miškin è assente, in particolare una volontà d'azione che nell'altro è enigmaticamente imprigionata, cristallizzata, vanificata. La sceneggiatura dell'adattamento televisivo è dovuta a Giorgio Albertazzi che della fiction fu anche interprete nel ruolo del principe Myškin. Come Nastasja Filippovna il cast annoverava Anna Proclemer. Forse l'interpretazione più bella e carismatica di Albertazzi (giunto nel pieno della maturità artistica). Il teleromanzo, di notevole successo anche di pubblico, costituì pure il grande lancio per Gian Maria Volonté nel ruolo dell'innamorato assassino. Regista dello sceneggiato - girato in bianco e nero e della durata complessiva di 423 minuti - è stato Giacomo Vaccari. Come già scritto più volte, i primi sceneggiati montati in diretta, recavano una marcata impronta teatrale tanto nella recitazione che nella regia in interni.
Cast artistico principale:
Giorgio Albertazzi: Principe Ljev Nikolajevic Myškin; Gian Maria Volontè: Parfen Rogozin; Anna Proclemer: Nastasja Filippovna; Sergio Tofano: Ljebedev; Lina Volonghi: Lisavjèta Prokofievna; Mario Bardella: Sergej Radomsky; Marcello Bertini: Zaliozev; Pina Cei: Daria Aleksiejevna; Ferruccio De Ceresa: Ferdyshenko; Gianna Giachetti: Adelaide; Anna Maria Guarnieri: Aglaia; Carlo Hinterman: Keller; Augusto Mastrantoni: Generale Fiodorovic Epancin; Davide Montemuri: Kolia; Sandro Moretti: Tenente Sergej Molovtsov; Franca Nuti: Varvara; Antonio Pierfederici: Gavrila Ardalionic; Gianni Santuccio: Generale Ivolghin; Maria Fabbri: Nina Alksandrovna; Gianni Galavotti: Aleksjej; Aldo Pierantoni: Totsky; Giuseppina Setti: Sonia; Laura Panti: Katia
Trama:
Il principe Myskin, ultimo erede di una grande famiglia decaduta è una creatura spiritualmente superiore, in cui la generosità d'animo e la candida fede nel prossimo si accompagnano ad una totale inesperienza di vita e ad una sorta di paralisi della volontà. Queste sue caratteristiche sembrano scaturire dal fatto che egli sia cresciuto in un villaggio svizzero dove è guarito da una malattia nervosa, che lo porta ad essere indifeso e fiducioso nel prossimo. Di ritorno in Russia, si scontra con una società malata e crudele, dove il suo atteggiamento bonario ed innocente è considerato da "idiota". Gli è compagno di viaggio Rogozin, un giovane esuberante e violento, che gli narra il suo amore folle per la bella Nastasja Filippovna. Giunto a Pietroburgo, Myskin si reca dal generale Epancin, suo parente, e apprende che il segretario di questo, Ganja, vorrebbe sposare Nastasja Filippovna, attirato più che altro dalla dote, che un passato amante e benefattore le ha destinato, e dalle relazioni di costei. La sera della decisione irrompe in casa di Nastasja Filippovna Rogozin, che offre una cifra pari alla dote di lei purché rifiuti Ganja e diventi la sua amante. Myskin, misteriosamente attratto dalla donna, si dichiara pronto a sposarla per sottrarla a quel mercato umiliante. Nastasja, commossa ma incredula, fugge con Rogozin. Di Myskin s'innamora intanto la giovane e aristocratica figlia del generale Epancin, Aglaja: ma fra le due donne, Myskin sceglie (sognando di strapparla una seconda volta a Rogozin) Nastasja. Conscia della assoluta e profonda bontà del principe, Nastasja esita a lungo ma, sentendosi indegna di lui, si abbandona a Rogozin, il quale però intuisce la vera natura di quella scelta e, folle di gelosia per il rapporto ambiguo che lega Myskin a Nastasja Filìpovna, tenta prima di uccidere l'amico, infine uccide la donna. Sul cadavere di Nastasja, Rogozin veglia una notte intera, assieme a Myskin, che ripiomba in questa circostanza nel suo stato di idiozia, ritorno finale allo stato di purezza dell'infanzia come rifiuto del male del mondo, l'unico moto di autodifesa possibile per il protagonista che non vuole più vivere in una società malata e crudele.
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