Solenne Processione in onore del Beato Giovanni Liccio, Patrono e protettore della città di Caccamo, svoltasi l'1 Giugno 2012.
Tra i grandi siciliani d'ogni tempo, il Beato Giovanni Liccio è stato il primo frate domenicano di Sicilia ad essere stato elevato agli altari. Nacque a Caccamo probabilmente nell'aprile del 1426, da Giorgio Liccio e Teresa Fasor Rimase orfano di madre in tenerissima età. Giunto ai quindici anni, sentendosi attirato dalla vita monastica, decise di farsi frate. Si recò perciò presso l'antica chiesa di S. Zita a Palermo dove fra' Pietro Geremia, divenuto in seguito beato, viveva con un gruppo di frati domenicani. Trascorso l'anno del noviziato, Giovanni fu ammesso alla professione che fece con ritegno e umiltà confessando di non considerarsi degno di appartenere all'ordine dei predicatori. Giovanni si considerò sempre un umile servo di Dio e, nelle sue prediche, affermava con veemenza che ogni bene viene da Dio ed a Lui solo se ne deve la gloria, indossava sempre abiti poveri, si abbassava a chiedere l'elemosina e mortificava duramente il corpo, in particolar modo durante gli ultimi giorni di vita. Trascorreva la maggior parte della notte pregando in ginocchio, tanto da avere le gambe piagate. Non dormiva sul letto ma sul nudo pavimento, poggiando il capo su un sasso o su un pezzo di legno. Molti miracoli e prodigi gli furono attribuiti fin dalla tenera età. La mattina del primo novembre 1511 il Beato scese, come al solito, in chiesa. Non si sentiva bene e, nonostante ciò, assistette al coro, celebrò messa, ascoltò le confessioni dei fedeli e salì sull'altare per parlare della gloria dei santi. Più tardi, fu preso da una febbre che il medico dichiarò infettiva.
Il tredicesimo giorno della malattia, credendo vicina la fine, volle confessarsi, chiese il Santo Viatico e l'Estrema Unzione che ricevette stando in ginocchio sul pavimento. Dopo di ciò disse con esattezza ai frati astanti il giorno e l'ora della sua morte. Giovanni disse anche che, qualora Iddio per la sua infinita bontà l'avesse chiamato al cielo, non si sarebbe mai dimenticato del suo convento, della sua Caccamo e di tutta la Sicilia. Raccomandò a tutti la pace, la carità e la devozione alla Vergine Maria. Quindi tacque per non parlare più. Morì, tenendo il crocefisso stretto tra le mani, il 14 novembre 1511, un venerdì, alle ventuno circa, come aveva predetto.
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