Nonostante le mostre dei più rappresentativi modelli architettonici svolte nell’ultimo decennio del Novecento a Palazzo Grassi (1994) e nella Palazzina di Stupinigi (1999) ancora oggi questo soggetto non è pienamente esplorato dalla storia dell’arte. Le loro funzioni vanno dallo strumento durante la progettazione, alla simulazione tridimensionale destinata a convincere un committente fino a riferimenti normativi per le maestranze impiegate nel cantiere. Realizzati con materiali deperibili di durezza limitata – legno, cera, verdure –, riutilizzati in forma di recycling oppure distrutti dopo avere assolto il loro compito, di questi manufatti sono giunte rare testimonianze che hanno condotto a scoraggiare la ricerca. Tanti archivi, non solo in Italia, precisano i loro obiettivi, la qualità del loro materiale, il ruolo svolto durante le gare fino alle modalità di trasporto e contribuiscono ad una migliore conoscenza del mestiere dell’arte edilizia. Numerose sono le raffigurazioni di modelli architettonici, in affreschi, quadri, disegni o tarsie, per lo più non ancora individuati come tali e che documentano progetti non conosciuti. Nel campo sacro, i tabernacoli possono rappresentare progetti di chiese oppure riferirsi a disegni ideali o utopici. Una storia dell’architettura che indaga questi fenomeni potrà sensibilmente allargare la riflessione sullo sviluppo dei linguaggi architettonici. Facilmente comprensibili nella loro tridimensionalità e come organismo integrale, soprattutto quando si tratta di strutture smontabili, tanti incisori si sono serviti di plastici per raffigurare monumenti prestigiosi nelle loro raccolte. A tale metodo gli architetti del periodo contemporaneo sono rimasti fedeli e hanno fatto costruire modelli solo per fotografarli. Un ruolo fondamentale è attributo ai plastici durante il rinnovo dei linguaggi architettonici in altri paesi europei, poiché le maestranze impararono i dettagli classicheggianti tramite plastici in scala 1:1 che costituirono un riferimento vincolante sul cantiere. Due volumi recenti sono dedicati a queste problematiche, indagando l’evoluzione del modello dall’antichità fino ad oggi e studiando come l’uso e le tecniche cambiano secondo nuovi processi concettuali (La maquette d’architecture. Fonctions et evolutions d’un instrument de conception et de realisation, a cura di S. Frommel, Paris-Roma, Campisano Editore/Editions Picard, 2014; La maquette. Un outil au service du projet architectural, Paris, Cité de l’Architecture et du Patrimoine/Editions des Cendres, 2014). L’indagine su un largo orizzonte cronologico consente di afferrare persistenze e rotture, di capire meglio il dialogo tra disegno e modello, spesso complementare, e di comprendere i metodi concettuali di periodi come il Medioevo che non si è servito del modello architettonico. Il suo uso nell’ambito di programmi didattici, museali e in quello cinematografico che ne ha fatto ricorso dai suoi esordi, fa parte dell’ampio ventaglio che interessa la storia della cultura, l’ingegneria, l’insegnamento fino alla vita sociale. Il seminario si propone di confrontare l’impiego di modelli durante diversi periodi, in diversi paesi europei e di aprire un dibattito su future ricerche che riguardano un censimento delle testimonianze disperse, delle norme per il loro restauro e la creazione di un museo virtuale.
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