2 -- Archimede, il primo genio universale -- Giulio Giorello

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Archimede (Siracusa 287-212 a.C.), tra i più grandi matematici e scienziati dell'antichità, manifestò interesse per diversi settori della fisica e fu un geniale inventore.
I suoi contributi nello studio delle aree e dei volumi di figure piane e solide anticiparono molti dei contenuti della moderna geometria; ad esempio egli determinò l'area della superficie sferica e dimostrò che il volume della sfera è pari a due terzi del volume del cilindro a essa circoscritto.
In un trattato di statica, definì la posizione del baricentro di alcune figure solide e diede una chiara spiegazione del principio di funzionamento della leva. Probabilmente sono da attribuire ad Archimede l'invenzione della puleggia composta e della coclea, o vite di Archimede, usata per il sollevamento dell'acqua.
Scarsi sono i particolari sulla vita di Archimede. Secondo Cicerone, Archimede era di umili origini, anche se forse era imparentato alla lontana con Gerone II, tiranno di Siracusa, da cui era molto stimato. Possiamo ricavare qualche informazione su di lui dalle storie di Plutarco, Livio e altri autori. Plutarco, descrivendo l'assedio di Siracusa da parte dei Romani durante le Seconda Guerra Punica, ci dice che Archimede abbia inventato ingegnose macchine da guerra per tenere lontano il nemico: catapulte per lanciare pietre, corde, carrucole e ganci per sollevare e schiantare le navi romane e dispositivi per sviluppare incendi sulle navi (specchi ustori). Durante il saccheggio della città, Archimede venne trucidato da un soldato romano, nonostante il generale Marcello avesse dato l'ordine di salvare la vita del matematico.
Poiché, a quanto viene riferito, Archimede aveva settantacinque anni, è molto probabile che fosse nato nel 287 a.C. Della morte di Archimede vi sono però versioni diverse, riportate da Plutarco.
Secondo una prima versione, il soldato romano, trovato Archimede, gli avrebbe ordinato di seguirlo dal comandante Marcello. Archimede si sarebbe rifiutato finché non avesse risolto il problema a cui stava lavorando.
Alla risposta di Archimede «Noli turbare circulos meos», il soldato, seccato, l'avrebbe ucciso. Il fatto che Archimede, che scriveva in dialetto dorico, si sia rivolto in latino ad un soldato appare assai improbabile.
Alcuni autori riportano che abbia visitato l'Egitto e che abbia studiato ad Alessandria con gli allievi di Euclide: fu probabilmente in questa occasione che inventò il dispositivo, oggi noto come "vite di Archimede", fatto di canali o tubi avvolti elicoidalmente attorno ad un asse inclinato, munito di una manovella per farlo girare.
I vari resoconti rimasti sulla vita di Archimede sono d'accordo nel dipingerlo come persona che attribuiva scarso valore ai suoi congegni meccanici rispetto ai prodotti della sua attività intellettuale. Anche quando trattava di leve e di altre macchine semplici, era molto più interessato ai principi generali che le governavano piuttosto che alle loro applicazioni pratiche.
Plutarco ha reso un cattivo servizio ad Archimede, facendone il prototipo dello scienziato distratto, lo descrive come stregato da una sirena: «[...] viveva continuamente incantato da questa che potremmo chiamare una Sirena a lui familiare e domestica, al punto da scordarsi persino di mangiare e di curare il proprio corpo. Spesso, quando i servitori lo trascinavano a viva forza nel bagno per lavarlo ed ungerlo, egli disegnava sulla cenere della stufa alcune figure geometriche; e appena lo avevano spalmato di olio, tracciava sulle proprie membra delle linee col dito, tanto lo dominava il diletto ed era prigioniero, veramente delle Muse».

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