Il Prof. Antonio Gasbarrini (Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Università Cattolica Sacro Cuore) ci parla della PRESA IN CARICO del paziente con Dolore Addominale.
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“Partiamo dal presupposto che la terapia farmacologica è un'arma straordinaria che si combina alla terapia chirurgica o alla terapia, chiamiamola mininvasiva, che è diciamo quella ecoendoscopica e ecoendoscopica ecografica, perché ricordiamoci che anche grazie all'ecografia adesso - con la termoablazione - si possono bruciare addirittura dei tumori all'interno del fegato e presto anche a livello del pancreas. La Terapia Farmacologica rimane un'arma straordinaria, ma bisogna innanzitutto partire da un concetto: la terapia farmacologica non deve sostituire la presa in carico della persona. È impensabile un paziente con colite ulcerosa e che ha degli enormi problemi familiari, che venga messo direttamente in una terapia biologica senza prima una presa in carico, ad esempio da parte di uno psicologo, di uno psicoterapeuta o un esperto di nutrizione clinica. Questo è l'errore più grande che si potrebbe fare. Perché noi finiremmo per medicalizzare e rendere quel paziente schiavo di una terapia farmacologica.
Quindi il primo approccio è obbligatorio, non facoltativo, il primo approccio è la presa in carico della persona e non dell'organo. Sapere chi hai di fronte, capire se quella persona ha bisogno di un supporto psicologico e non è che ve lo dice immediatamente. E una persona che ha problemi in famiglia, non è che lo viene immediatamente a dire a un medico che a volte non conosce. L'abilità empatica è di entrare in sintonia con quel paziente e, se non sei in grado di farlo, utilizzare uno psicologo. Quello che bisogna sapere che gli psicologi fanno due cose fondamentali. Innanzitutto, fanno un test ed esami psicodiagnostici. Vi dicono - se sono bravi - i problemi di quella persona. Poi esistono altri psicologi, a volte sono gli stessi che si occupano di psicoterapia, cioè aiutano quelle persone a risolvere i problemi che sono emersi con i test psicodiagnostici. Una volta fatto questo, bisogna occuparsi dell'alimentazione di quel paziente. A me bolle il sangue quando sento dire a un paziente con disturbi dell'apparato digerente “puoi mangiare quello che vuoi, tanto non ci sono dati che dicono che l'alimentazione c'entra”. È impensabile ed è un'offesa all'intelligenza di un paziente, è palese che se una persona ha dolori addominali e disturbi dell'alimentazione, il cibo c’entra. Entra o come causa o come terapia. Quindi il nutrizionista entra sempre nel percorso di terapia di un paziente con disturbi dell'apparato digerente. Eliminate queste due cose che dobbiamo dare per assodato, esiste la terapia, a volte chirurgica, ma esiste la terapia farmacologica che diventa un'arma straordinaria se usata con intelligenza. Bisogna generalmente partire da farmaci o da a volte anche integratori, perché c'è un mondo sull'integrazione o sulla cosiddetta nutraceutica o nutriterapia che ha un effetto terapeutico vero e proprio. Li metto insieme. Diciamo che noi non dobbiamo aver paura di usare i farmaci. Quando i farmaci servono vanno usati e vanno dati chiaramente per il tempo giusto. La cosa banale se io soffro di gastrite o di patologia da reflusso esofageo e contestualmente sono un grande bevitore di superalcolici, un obeso e fumo un sigaro ogni sera, è palese che la terapia servirà sempre. Ma è un'offesa all'intelligenza del medico e della persona. È chiaro che il vero rimedio è smettere di bere alcolici o superalcolici, è smettere di fumare e fare una vita sana. A quel punto il farmaco verrà usato in fase acuta per correggere, ad esempio, l'esofagite o le ulcere o tutto quello che uno può sviluppare, con l'obiettivo di tornare a un buon funzionamento dello stomaco. Perché ricordatevi che l'acido gastrico è fondamentale per predigerire quello che noi mangiamo e renderlo assorbibile e per proteggerci da tutti quei batteri, virus e i miceti che noi mettiamo in bocca tutte le volte che mangiamo. È proprio lo stomaco con l'acido cloridrico che elimina tutto quanto. Se noi lo blocchiamo per troppo tempo con un inibitore di pompa andremo incontro a un aumentato rischio di infezioni e a una mal digestione progressiva (...) Scendendo penso ai farmaci straordinari che si usano per la malattia diverticolare. Ora vi sono degli antibiotici non assorbibili o degli antinfiammatori che si usano proprio per spegnere l'infiammazione diverticolare. Ma è chiaro che, se una persona poi sviluppa una stenosi diverticolare o un rischio enorme di perforazione, a volte la chirurgia è necessaria. E anche lì, non ha senso accanirsi con terapie antibiotiche protratte, verso le quali poi si rischia di diventare antibiotico resistente (...)Cioè, al CEMAD stiamo unendo l'approccio integrale della persona che è fondamentale, avere le più moderne tecniche diagnostiche e soprattutto avere accesso ai farmaci più innovativi.
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