L’Osservatore Romano, in un documentario storia e anima di un singolarissimo giornale
L’Osservatore Romano, in un documentario storia e anima di un "singolarissimo giornale"
In onda su Rai Uno il 25 dicembre, in seconda serata, il documentario realizzato da Francesco Zippel in 52 minuti intreccia dinamiche, funzione e identità di "uno dei giornali più antichi del mondo". Presente un contributo di Papa Francesco che definisce il quotidiano "attuale" e "fatto per tutti", nella lingua di tutti e frutto non di un lavoro di scrivania ma di ascolto della vita di ognuno
Edoardo Zaccagnini – Città del Vaticano
Le prime parole sono di Papa Francesco: "Io lo leggo tutti i giorni e quando non esce mi manca qualcosa". Sta parlando de L’Osservatore Romano protagonista di un documentario diretto da Francesco Zippel e prodotto da Dazzle Communication in collaborazione con Rai documentari. Andrà in onda su Rai Uno il 25 dicembre, in seconda serata, col titolo L’Osservatore Romano. Singolarissimo giornale. Il superlativo assoluto, come noto, si deve a Giovanni Battista Montini che così lo definì nel 1961 in un articolo scritto in occasione del centenario dalla fondazione in cui sottolineava la straordinaria difficoltà di fare il quotidiano della Santa Sede. Nel documentario Singolarissimo è snocciolato nei 52 minuti che intrecciano la storia alle dinamiche, alla funzione e all’identità di questo giornale "tra i più antichi del mondo", ricorda il direttore Andrea Monda. Una testata nata nel 1861 "da un gruppo di laici venuti a Roma in epoca risorgimentale – spiega Piero Di Domenicantonio, coordinatore de L’Osservatore di Strada – per esprimere il loro forte attaccamento e impegno in difesa del Papa". Perché, riprende Monda, "la comunicazione è l’essenza della Chiesa, che esiste per dare la buona notizia del Vangelo". Quindi "ha bisogno di comunicatori ed è stata provvidenziale la scelta di Pio IX di dotarsi di uno strumento straordinario come il giornale, all’epoca e ancora oggi".
Una voce libera
Risale il tempo, il docufilm scritto da Davide Azzolini e Giulio D’Antona, ricordando, per esempio, che "durante il fascismo L’Osservatore era l’unica voce libera in Italia, e gli strilloni che portavano il giornale fuori da Porta Sant’Anna, talvolta venivano aggrediti perché questa voce libera non circolasse". Sono ancora parole di Di Domenicantonio, accompagnate da foto d’epoca e dalle prime pagine de L’Osservatore Romano, che descrivono la relazione profonda di questo giornale con i grandi eventi dentro e intorno alla Chiesa, dall’elezione dei Papi ai fatti politici o drammatici come l’attentato a Giovanni Paolo II o il giorno della sua morte, in cui, ricorda Roberto Mazzucca, già correttore di bozze, "siamo stati scortati dalla polizia perché non si riusciva a uscire dal Vaticano. Tutti volevano il giornale e siamo riusciti a stamparlo per tutti quelli che c’erano".
La porta aperta
C’è anche tanta leggerezza, naturalmente, in questo documentario cronologico e ben confezionato, a partire dalle visite alla redazione di Wojtyła o Benedetto XVI, ricordato dalla redattrice dell’edizione quotidiana, Silvia Guidi, in questo lavoro dal sapore sottilmente affettuoso, perché, fluttuando tra tutti gli spazi in cui il giornale prende vita, sottolinea il percorso corale che ogni giorno conduce alle copie stampate, tra cui quella dedicata "a Sua Santità". Ogni persona ha la sua importanza, sembra ricordare questo racconto che si ferma ad ascoltare il rumore delle macchine, mentre passeggia tra le redazioni e gli archivi, tra i ricordi di quella "sede fatta a misura dell’austerità del giornale", rammenta Angelo Scelzo, già vicedirettore, e la tipografia "così solenne" che a Montanelli ricordava "le colonne di piazza San Pietro". Ha memoria di quel "mondo fantastico", con "le rotative e l’odore dell’inchiostro e del piombo", anche il presidente della CEI, cardinale Matteo Maria Zuppi: suo padre fu direttore de L’Osservatore della Domenica e lo portava con sé, spesso, in quel posto che a lui piaceva moltissimo. "Caotico e creativo come l’impronta che mio padre aveva voluto dare al giornale, sempre con tanti collaboratori". Era "una porta aperta", ricorda Zuppi di quel giornale nella cui tipografia, nel 1947, arrivò a lavorare il diciottenne Umberto Cremonesi. Oggi, da storico proto, offre aneddoti gustosi e genuini sul suo mestiere di allora, e la sua testimonianza, insieme a quella del corriere Mustafa Mohamed Wahid, ribadisce il valore di una sapienza collettiva, di menti e mani al servizio di quel giornale che è "un legame con la Santa Sede e con il Magistero della Chiesa, con la vita della Chiesa e la storia della Chiesa", aggiunge il Pontefice intervistato per l’occasione.
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