Differenze sessuali e cervello con Michela Matteoli a Science for Peace and Health 2022

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«Negli ultimi 40 anni, spiega la professoressa Michela Matteoli, ordinaria di farmacologia di Humanitas University e direttrice dell’Istituto di Neuroscienze del CNR, numerosi studi hanno cercato di indagare l’esistenza di possibili differenze di genere nel cervello umano. Grazie allo sviluppo di tecniche di imaging diagnostico si è effettivamente dimostrata l’esistenza di alcune differenze funzionali tra uomo e donna». Questo non significa che i nostri cervelli siano completamente diversi. Ma andiamo per gradi.

Tra i tanti studi pubblicati sulle differenze strutturali destinati a generare sempre più stereotipi c’è quello realizzato dai ricercatori dell’Università della Pennsylvania e del Children’s Hospital di Philadelphia pubblicato nel 2014 su Pnas. Condotto su oltre 900 adolescenti, l’analisi ha mostrato che il cervello maschile presenta prevalenti connessioni di tipo intra-emisferico mentre il cervello femminile mostra elevate connessioni inter-emisferico. «Secondo lo studio prosegue la Matteoli il cervello maschile sembra essere strutturato in modo da favorire la connessione tra percezione e azione coordinata, mentre la maggior connettività tra i due emisferi nelle femmine tenderebbe a facilitare la relazione tra l’elaborazione delle informazioni a livello analitico, tipica dell’emisfero sinistro, con l’analisi intuitiva, tipica dell’emisfero destro». Lo studio perfetto per dimostrare quando siamo diversi.

In realtà quanto pubblicato ha cominciato a ricevere diverse critiche da molti gruppi di ricerca. Critiche che nel tempo hanno smontato pezzo per pezzo quanto affermato: la mappa cerebrale ottenuta ometteva la stragrande maggioranza delle connessioni che non differivano tra i partecipanti adolescenti allo studio. Nello studio non è mai stata controllata la maturazione correlata alla pubertà e le dimensioni del cervello non sono mai state normalizzate. Ma c’è di più: «Un successivo studio dell’Università di Tel-Aviv, del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia e del Dipartimento di Psicologia di Zurigo, analizzando oltre 1400 cervelli tramite risonanza magnetica ha rivelato una vasta sovrapposizione tra le distribuzioni delle caratteristiche del cervello di femmine e maschi. In altre parole la ricerca afferma indirettamente che cervelli con caratteristiche costantemente maschili o femminili sono estremamente rari» spiega la Matteoli.

Attenzione però a pensare che le differenze non esistano affatto. Un aspetto ancora poco considerato è il “software”. Malattie neurodegenerative, depressione e disturbo post-traumatico da stress sono molto più frequenti nelle donne. Malattie del neurosviluppo come autismo, dislessia e schizofrenia sono estremamente più diffuse negli uomini. Come si spiegano queste differenze? «Dare una risposta è estremamente complesso. Uomini e donne sono profondamente differenti nella risposta agli ormoni. Il nostro cervello è pieno di recettori per gli estrogeni e per il progesterone. La secrezione che avviene in quantità e tempi estremamente differenti può influenzare tutta una serie di meccanismi che sono alla base dello sviluppo di queste patologie» spiega l’esperta.

Ad oggi la ricerca sulle differenze di genere nelle neuroscienze è ancora agli albori. Il corpo femminile per molto tempo è stato visto come “variante” del corpo maschile. Negli studi clinici i soggetti arruolati sono stati prevalentemente di sesso maschile. In quelli preclinici in vitro (su linee cellulari o cellule isolate) non è stato mai riportato il sesso di origine dell’organismo da cui derivano le cellule. Per quelli in vivo (su animali da esperimento) sono stati usati quasi sempre animali di sesso maschile. Solo negli ultimi anni c’è stata una presa di coscienza globale e finalmente da qualche anno si sta iniziando a parlare di medicina di genere. Non a caso dal 2014 il National Institute of Health negli Stati Uniti ha reso obbligatoria l’inclusione delle donne negli studi preclinici da esso finanziati. «Più procede la ricerca e più ci accorgiamo che le differenze non sono tanto a livello strutturale quanto a livello di alcuni meccanismi molecolari. Differenze che non devono essere utilizzate per continuare nella falsa narrazione sull’esistenza di attività per soli uomini e per sole donne bensì devono essere indagate per migliorare le cure. Solo un approccio di genere nella pratica clinica ci permetterà di promuovere l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure» conclude la Matteoli.

Ce ne parla a Science for Peace and Health Michela Matteoli, Professore ordinario di Farmacologia, Humanitas; Direttore Istituto di Neuroscienze del CNR

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