NELLA PATRIA DEL FRIULI - LA VITA STRAORDINARIA DEL CONTE CECONI

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Dall'infanzia poverissima, vissuta in una remota valle tra le montagne del Friuli, alla creazione di un autentico impero imprenditoriale che nel momento di massimo splendore contava oltre 16.000 lavoratori.
La vita di Giacomo Ceconi da Pielungo è la storia incredibile di un uomo geniale, infaticabile e visionario. Una storia che inizia e finisce in Val d'Arzino, microcosmo friulano, disegnato dal torrente omonimo e dipinto dai colori delle sue acque e dei suoi boschi.
Nato nel 1833 da una umile famiglia di contadini e malgari, passa la sua infanzia tra i pascoli della Val Nespolaria, una piccola traversa della Val d'Arzino.
Da dove, a 18 anni, parte alla volta di Trieste, il porto dell'impero asburgico, città cosmopolita e piena di opportunità.
E' un ragazzo ancora analfabeta, con la pancia che gli brontola dalla fame, ma è pieno di entusiasmo e di idee. Lavora come manovale e frequenta i corsi serali per imparare il disegno geometrico.
In quegli anni la ferrovia è in rapida ed impetuosa espansione e gli imprenditori edili che si specializzano nella stesura dei binari e nella costruzione di ponti, viadotti e trafori, diventano milionari.
E' impiegato per la ditta Fratelli Martina di Chiusaforte e si mette presto in luce risolvendo con una intuizione un problema tecnico che stava bloccando i lavori di un grosso cantiere.
Poco dopo il ragazzo della val d'Arzino si mette in proprio, mette insieme una squadra di compaesani e inizia una travolgente carriera da imprenditore. Dalla spettacolare costruzione del viadotto ferroviario in pietra di Borovinca, in Slovenia, sulla linea ferroviaria Trieste-Lubiana-Vienna, in poco tempo diventa uno degli Heisenbahner, dei costruttori di ferrovia, più ricercati e pagati dell'Impero austro-ungarico.
Costruisce le stazioni ferroviarie di Vipiteno, di Colle Isarco, del Brennero e di Gries, di Tarvisio e di Pontebba. Lavora in Tirolo, in Boemia, in Istria, in Baviera. Realizza il viadotto di Cervena, alto 67 metri, senza l'ausilio di armature.
Nel 1880, sempre impiegando perlopiù maestranze della Val d'Arzino o della Val Tramontina, affronta il traforo dell’Arlberg, un’opera titanica con i suoi 12 km di lunghezza. Conclude i lavori con largo anticipo, il che gli frutta una valanga di quattrini e soprattutto porta a termine l'impresa senza alcun incidente mortale tra i suoi operai grazie agli innovativi protocolli di sicurezza che lui stesso ha inventato.
L'imperatore Francesco Giuseppe è così entusiasta, che gli attribuisce il titolo di nobile di Montececon.
Con il premio dell’Arlberg Ceconi finanzia la via di comunicazione tra Pielungo e i centri della pedemontana pordenonese, che realizza superando grandi difficoltà tecniche di tracciato.
In soli due anni la strada, dedicata alla regina Margherita, viene conclusa e nel 1891 inaugurata. Con questa dedica si procura il favore della consorte del re Umberto I per convertire il titolo nobiliare asburgico in quello italiano di conte.
Contribuisce in buona parte anche alla realizzazione della Transalpina, la ferrovia che serviva a collegare Praga e il Litorale Adriatico, inaugurata il 19 luglio 1906, da sua altezza reale, erede al trono, l’arciduca Francesco Ferdinando, che più tardi verrà ucciso a Sarajevo nell’episodio che sancirà l’inizio della Prima guerra mondiale.

Sul finire della carriera si ritira definitivamente nel borgo natio. Crea altre opere per la sua valle, si fa promotore di rimboschimenti su larga scala, erige scuole, paga i salari ai maestri e perfino il riscaldamento delle aule per permettere ai ragazzi di studiare.
Realizza il suo sogno di bambino trasformando la vecchia casa di famiglia in un castello da fiaba con linee neogotiche, statue e torri.
Il castello Ceconi, collocato su un pianoro al centro della vallata, domina la scena con aristocratica naturalezza, ben rappresentando la consacrazione di una vita straordinaria di lavoro e di conquiste.

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