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Immaginate di essere Daniele De Rossi. Vi svegliate in una mattina come tante altre, il sole di Roma che filtra attraverso le tende. Controllate il telefono: nessuna notifica insolita. Vi preparate per andare a Trigoria, la casa della vostra amata Roma. Fratini in mano, testa già all'allenamento. E poi... il mondo vi crolla addosso. In un istante, il sogno si trasforma in incubo. Benvenuti nel dramma che sta scuotendo il calcio italiano.

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Immaginate di essere Daniele De Rossi. Vi svegliate in una mattina come tante altre, il sole di Roma che filtra attraverso le tende. Controllate il telefono: nessuna notifica insolita. Vi preparate per andare a Trigoria, la casa della vostra amata Roma. Fratini in mano, testa già all'allenamento. E poi... il mondo vi crolla addosso. In un istante, il sogno si trasforma in incubo. Benvenuti nel dramma che sta scuotendo il calcio italiano.
Mercoledì mattina, ore 9:00. Trigoria si sveglia sotto un cielo apparentemente sereno. Daniele De Rossi, l'uomo che ha versato sangue e sudore per la maglia giallorossa per quasi due decenni, varca i cancelli del centro sportivo. Nella sua mente, solo pensieri di calcio: l'Udinese da preparare, una stagione da risollevare.
Mentre De Rossi si appresta a dirigere l'allenamento, un fulmine squarcia quel cielo apparentemente sereno. La proprietà lo convoca improvvisamente. Il cuore accelera, la gola si secca. Cosa sta succedendo?
Poche parole, secche, che pesano come macigni. De Rossi, l'uomo che ha fatto della Roma la sua vita, si ritrova improvvisamente senza panchina, senza squadra, senza quel sogno che aveva appena iniziato a vivere.
Per i tifosi più attenti, la scena ha un sapore di amaro deja-vu. Solo pochi mesi fa, José Mourinho aveva subito lo stesso trattamento. Convocato all'improvviso, esonerato in un batter d'occhio. La Roma dei Friedkin sembra aver fatto della ghigliottina all'alba il suo modus operandi preferito.
Ma cosa si cela dietro questa decisione shock? Quali oscuri meccanismi si sono messi in moto per portare all'esonero di un uomo che, solo pochi mesi fa, era stato acclamato come il salvatore della patria giallorossa?
Per capire il terremoto che ha scosso Roma, dobbiamo fare un passo indietro. Ventiquattro ore prima dell'esonero, a Trigoria si è consumato un dramma in tre atti. Protagonisti? Daniele De Rossi, Lina Souloukou (CEO della Roma) e, incredibilmente, Francesco Totti.
Sì, avete letto bene. L'ombra del Pupone aleggia su questa vicenda in modo inaspettato e, forse, involontario.
Tutto ha inizio con un'intervista di Totti a Il Messaggero. Parole apparentemente innocue, ma che nascondevano una bomba a orologeria: "Sento De Rossi tutti i giorni." Una frase che, nelle stanze del potere di Trigoria, è risuonata come una dichiarazione di guerra.
I Friedkin, proprietari della Roma, hanno interpretato quelle parole come il segno di una "cazzimma" (per usare le parole del direttore Ilario Di Giovambattista) tra De Rossi e Totti. Un'alleanza segreta, un complotto ai danni della proprietà?
La paranoia si è impossessata dei vertici giallorossi. E quando la paranoia si mescola al potere, il risultato è spesso esplosivo.
Ma c'è di più. Il giorno prima dell'esonero, De Rossi ha avuto un'accesa discussione con Lina Souloukou, CEO della Roma. Il tema? L'interferenza della dirigenza nelle questioni di campo.