Franco Corelli riconosce il giovamento tratto dagli insegnamenti ricevuti da Giacomo Lauri-Volpi, durante il 'Profilo critico sull'arte canora e interpretativa di Franco Corelli' tracciato in tv dal Dottor Pugliese nel 1983
Giuseppe Pugliese, critico musicale:
"Quando io l'ho ascoltato, credo nel lontano '52-'53 (in realtà nel 1951) al suo debutto in Carmen, non solo non potevo pensare che Corelli sarebbe riuscito a cantare le opere che poi riuscì a cantare, ma addirittura c'era, non soltanto da parte mia, qualche perplessità su quella che sarebbe potuta essere la carriera di Franco Corelli, perchè la voce di Franco Corelli, la tecnica di Franco Corelli, all'inizio non era quella che poi gradualmente attraverso un lunghissimo itinerario è diventata. C'erano dei limiti molto evidenti, e tutto questo va spiegato, va chiarito, va esposto; successivamente, posso dire che riascoltandolo in Carmen, in Fanciulla, nei Pagliacci non c'è dubbio che si pensava già a Corelli come una sicura promessa del teatro lirico mondiale di grande tenore drammatico.
Rimane il quesito, di come Corelli senza mai abbandonare, senza mai perdere nulla delle caratteristiche drammatiche di questa voce, sia riuscito negli anni successivi, nel momento poi culminante della sua carriera, ad affrontare opere come l'Aida, come il Pirata, come il Poliuto, e va ricordato, sottolineato in modo particolare, quel traguardo ultimo e indimenticabile che furono i 'leggendari', oramai, Ugonotti scaligeri. Ora, io so, perchè conosco Corelli dalla sua nascita come cantante, come artista - c'è stata una lunga consuetudine e famigliarità con questo artista e quindi, posso dire di conoscere - quale è stato l'impegno, quali sono stati i sacrifici, quali sono state le continue lunghe riflessioni che Corelli ha fatto sulla sua tecnica, sulla sua voce, per giungere a cantare quelle opere che ha cantato e per ampliare il suo repertorio, come lui ha ampliato. E Corelli, nessuno più di lui, lo sa che cosa gli è costato questo, quanto scrupolo ossessivo, quale coscienza professionale lo abbia sempre accompagnato, vorrei dire, sino ad un limite persino quasi morboso, eccessivo. Io ho infiniti ricordi dei grandi debutti di Corelli: il Trovatore a Bologna, il debutto dell'Aida, quando si pensa che Corelli ha cantato la prima volta l'Aida all'Arena di Verona, di fronte a questo 'mostro' di questo immenso anfiteatro con venti-venticinquemila persone. Ma questo è il frutto d'uno studio continuo, di uno scrupolo e - potrebbe sembrare 'paradossale' e invece non lo è - d'una grande, profonda, severa coscienza ed umiltà verso quello che lui faceva. Io non ho mai visto una sola volta Corelli entrare in scena senza una grande, enorme, immensa paura di non farcela, anche quando oramai era talmente sicuro, talmente affermato che non c'era nessun dubbio su quello che lui avrebbe fatto. Questo per quello che riguarda la voce. (...)
Ora, Corelli, ripeto, sa molto meglio, più di tutti noi, quali sono stati i sacrifici e quanto è stato lungo (...) il 'calvario' degli studi, della tecnica di Franco Corelli che già affermato, già celebre in tutto il mondo, per risolvere, per consolidare meglio alcuni problemi di tessitura per quelle opere che, dicevo prima, lui ha cantato si recò a chiedere aiuto, consiglio, suggerimenti a Giacomo Lauri-Volpi. E lui potrebbe dire almeno, questo mi pare giusto, quanto giovamento abbia tratto da questi consigli, è vero?"
Franco Corelli, tenore: "E' vero. Indubbiamente Lauri-Volpi aveva fatto prima di me quel repertorio e io mi sono rivolto a lui proprio perchè avevo dei vuoti enormi sulla voce e non arrivavo alla fine, ma non in un punto, in diversi punti, perchè... o forse perchè ho cominciato troppo presto a fare questo repertorio acuto o forse perchè non ero ancora preparato." (...)
Giuseppe Pugliese: "Il suo fraseggio... anche questo, badiamo, è stata una conquista, perchè all'inizio non era così: c'erano delle incertezze, dei limiti che quasi sempre, all'inizio, lo coglievano nell'aspetto cantabile, nell'aspetto lirico, che poi invece ha completato."
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