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Questo è forse uno degli errori più grandi che tu possa commettere: non lanciarti in nuove sfide, progetti e ambienti per la sola paura di fallire, e chissà quante volte lo hai già fatto questo errore.
Studiando questi fenomeni si arriva a comprendere come per l'uomo di un tempo, l'uomo antico, il fallimento rappresentasse il rischio di essere rifiutato, di essere abbandonato.
In un mondo come quello antico, essere rifiutati dalla propria tribù era una garanzia di non riuscire a sopravvivere.
Un errore poteva veramente mettere a repentaglio l'esistenza di quel soggetto, ma non solo, anche quella dei suoi compagni di tribù.
Un errore durante la caccia, un errore nell'allestire l'accampamento, poteva veramente rappresentare un grosso rischio.
Noi ci siamo tirati dietro, nella nostra storia evolutiva, questa sensazione di grande difficoltà a gestire un errore o un fallimento, eppure, nella stragrande maggioranza dei casi, oggi non accade più che proprio per un errore qualcuno ci rimetta le penne o che i familiari rischino davvero la vita.
Certo, ci sono dei contesti in cui questo accade, ma nella maggior parte dei casi non stiamo più parlando di fenomeni di questo tipo; stiamo invece parlando di una paura interna che ci blocca e fa sì che decidiamo di non agire.
Per moltissime persone il rischio di commettere un errore pesa così tanto che è meglio non agire e tirarsi indietro e finire con il vivere a metà, che forse è veramente l'errore più grande che poi una persona possa fare.
Peraltro, analizzando a fondo il tema dell'alta prestazione e andando quindi a vedere le caratteristiche di quelle persone che nella vita riescono a raggiungere i propri obiettivi, magari anche ripetutamente nel tempo, si capisce immediatamente che non sono le persone che commettono meno errori, anzi sono le persone che hanno agito di più, commettendo anche spesso più errori ma recuperando più in fretta e soprattutto imparando da quegli errori come correggere la propria prestazione e i propri comportamenti.
Se non diamo la possibilità a noi stessi di vivere le esperienze e vivere le emozioni connesse con le azioni che decidiamo di fare, è ovvio che non impariamo mai e smettiamo di crescere.
In questo modo entriamo anche in una specie di circolo vizioso per cui il rischio poi di continuare a commettere gli stessi errori diventa veramente troppo alto.
Dobbiamo veramente abituarci al fatto che sono necessarie delle cadute per riuscire a fare un passo più in là rispetto a dove siamo, esattamente come i bambini.
Nella società moderna, che è molto legata all'apparenza e a cosa gli altri pensano di noi, uno dei freni più grossi è la paura di fare brutta figura.
Quindi l'idea dominante oggi che fa sì che tante persone siano bloccate e frenate, è proprio quella del chissà cosa penseranno gli altri.
Basta provare a pensare per un secondo cosa potrebbe succedere ad un bambino che nel percorso di apprendimento del camminare si dovesse preoccupare di che cosa pensano gli altri quando accade.
Se fosse bloccato dall'idea "Oh cavolo i bambini un po' più grandi di me saranno tutti lì a ridere, saranno tutti a puntare il dito, saranno tutti a dire ma guarda quello che casca sempre", ciò gli impedirebbe di imparare a camminare.
Dobbiamo liberarci da questa idea che tutti sono lì a guardarci, perché, in fondo, non importa niente a nessuno di cosa facciamo.
Bisogna rendersi conto, per quanto difficile possa essere, che la gente non è tutto il tempo lì a pensare che cosa hai fatto, che cosa non hai fatto o a puntare il dito contro di te.
Possiamo e dobbiamo essere più leggeri e dire, se ne vale la pena, "Io agisco comunque anche se corro il rischio di fallire perché, come diceva Mandela, io non perdo mai, o vinco o imparo".
Ed è questo lo spirito con cui bisogna affrontare le azioni: sapere che ti può andar bene o male ma, in qualsiasi caso, avrai sempre imparato qualcosa.
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