Lehman Trilogy

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Teatro Argentina, 25 novembre ● 18 dicembre 2016

di Stefano Massini
regia Luca Ronconi

con (in ordine di apparizione) Massimo De Francovich, Fabrizio Gifuni
Massimo Popolizio, Martin Ilunga Chishimba, Paolo Pierobon, Fabrizio Falco
Raffaele Esposito, Denis Fasolo, Roberto Zibetti, Fausto Cabra
Francesca Ciocchetti, Laila Maria Fernandez
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci A. J. Weissbard
suono Hubert Westkemper
foto Luigi La Selva

Dopo lo straordinario successo ottenuto al Piccolo Teatro di Milano, torna in scena Lehman Trilogy, ultimo capolavoro registico di Luca Ronconi. Il capitalismo, i giochi di potere, le banche, il denaro, i mutamenti sociali ed economici sono al centro del profondo testo di Stefano Massini, da sempre attento indagatore dell’attualità. Oltre cento sessanta anni di storia raccontati attraverso le vicende dei Lehman, una delle famiglie più influenti d’America: dalla Guerra di Secessione alla crisi del ’29, tra continue ascese e improvvise cadute, fino al definitivo fallimento del 15 settembre 2008.

Uno spettacolo potente, drammatico e al tempo stesso ironico, costruito in due parti, intitolate Tre fratelli e Padri e figli. La prima parte inizia l’11 settembre 1844 con l’arrivo in America dalla Baviera di Heyum Lehmann. Viene registrato da un ufficiale del porto come Henry Lehman: da allora in poi quello sarà il suo nome. Si stabilisce a Montgomery, dove apre un emporio di tessuti. Tre anni dopo lo raggiunge il fratello minore Mendel, che in America prenderà il nome di Emanuel, infine “il piccolo” Mayer. Se Henry è la testa e suo fratello Emanuel il braccio, Mayer è ciò che vi è nel mezzo, una sorta di intermediario. Nel corso degli anni il loro interesse si sposta dal cotone al caffè, alle grandi infrastrutture fino ad approdare in Borsa, dove tutto si vende ma nessuna merce è. Tre fratelli termina all’inizio del Novecento con la morte di Mayer e l’avvento della nuova generazione guidata da suo nipote Philip.

La seconda parte si apre nella New York degli anni Dieci del Novecento. Ai tre fratelli sono succeduti i figli: Philip (figlio di Emanuel) vuole speculare in Borsa, mentre Herbert (figlio di Mayer) si dedica alla politica e diventa governatore di New York. A settant’anni Philip Lehman “lascia”, ma non definitivamente: non si fida del figlio Robert (Bobbie). La Lehman Brothers supera la Prima Guerra mondiale, la crisi del 1929, la Seconda Guerra mondiale, avventurandosi in nuovi e sempre più spericolati investimenti, espandendo i propri interessi in tutto il mondo. Alla morte di Bobbie Lehman nel 1969, la società è affidata a Pete Petersn, che condurrà la banca a una prima crisi, negli anni Ottanta. Dopo la ripresa, il nuovo CEO, Dick Fuld jr, vivrà il destino di essere legato alla catastrofe dei mutui subprime e al fallimento della più che centenaria Lehman Brothers, il 15 settembre 2008.

Il testo di Massini chiede un teatro profondamente contemporaneo: Lehman Trilogy è una drammaturgia adulta, che ci prevede accorti, autosufficienti, privi di guide e di segna-passo, ci coinvolge affinché noi elaboriamo una rotta dentro il testo, sapendo che non avremmo in premio assoluzioni, condanne, né tantomeno manuali di condotta. Lehman Trilogy è il simbolo più compiuto della ricerca ronconiana sul testo, in una continua interazione tra la parola scritta e recitata sul palcoscenico, “un sistema multiforme per descrivere la complessità dell’oggi usando tutte le forme possibili”.

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