Video realizzato entro il progetto divulgativo #Sorvegliatispaziali - conoscere lo spazio per proteggere il pianeta, finanziato da Inaf Istituto nazionale di astrofisica, responsabile Daria Guidetti.
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Le lacrime di San Lorenzo, visibili nel cielo notturno ogni anno attorno al 12 di agosto guardando verso la costellazione di Perseo, sono l’esempio più famoso di stelle cadenti, un fenomeno che solo recentemente ha avuto una spiegazione esaustiva. Fu infatti l’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli che, poco dopo l’Unità d’Italia, dimostrò l’associazione degli sciami meteorici delle Perseidi e delle Leonidi con le comete, guadagnandosi con questo fama internazionale.
Schiaparelli formulò l’ipotesi, rivelatasi poi esatta, che una cometa, disgregandosi al Sole, lasci dietro di sé una scia di polveri. Il fenomeno della pioggia di meteore si manifesta allora quando la Terra nel suo movimento intorno al Sole interseca l’orbita percorsa dalla cometa. L’interazione a forte velocità con l’atmosfera terrestre brucia questi residui cometari, producendo le scie luminose note appunto come #meteore.
Al di là degli sciami cometari, ogni giorno la Terra viene bombardata da qualcosa come 100 tonnellate di polveri e frammenti di asteroidi, di cui la maggior brucia completamente in atmosfera. I residui che riescono ad arrivare al suolo vengono chiamati #meteoriti.
Qui vediamo ingrandite 3000 volte un campionario di micro-meteoriti, formate in alta quota dalla vaporizzazione di corpi grandi come sassi, il cui materiale fuso risolidifica immediatamente dando origine a sferule lucide, ferrose o vetrose a seconda della composizione del sasso che le ha generate, che poi scendono al suolo con la pioggia.
Quando i frammenti di asteroide in arrivo hanno dimensioni superiori a qualche decina di centimetri, la scia luminosa a cui danno origine – chiamata in questo caso bolide o palla di fuoco – diventa particolarmente appariscente ed è probabile che alcuni pezzi del corpo originario raggiungano il suolo.
Rintracciare queste meteoriti non è affatto semplice, visto che la maggior parte cade in acqua o in zone disabitate. Il posto migliore dove cercarle è il deserto, dove le meteoriti restano più visibili per l’assenza di vegetazione. E anche un particolare deserto di ghiaccio, l’Antartide, si è rivelato una miniera a cielo aperto per questi sassi cosmici, che si accumulano in determinate zone di lento scorrimento del ghiaccio.
Nel caso di meteoroidi di grosse dimensioni, la frammentazione in atmosfera avviene talvolta in maniera esplosiva, generando un’onda d’urto che può provocare gravi danni.
Come è accaduto il 15 febbraio 2013 in corrispondenza della città siberiana di Chelyabinsk, dove l’esplosione di un corpo di circa 20 metri di diametro, ha mandato in frantumi buona parte dei vetri degli edifici, causando il ferimento di oltre mille persone.
Questi sono alcuni frammenti del bolide di Chelyabinsk recuperati in un’area lunga oltre 70 chilometri. Il valore scientifico che hanno queste meteoriti, sta anche nel fatto che sono “fresche”, cioè recuperate poco tempo dopo il loro arrivo a terra e quindi non ancora alterate dall’esposizione agli agenti atmosferici.
Le meteoriti si possono considerare come dei campioni di asteroidi consegnati - per così dire - a domicilio e rappresentano per questo la principale e più abbondante fonte di informazioni sull’origine del Sistema solare.
Per rintracciarle, vengono approntate un po’ in tutto il mondo delle reti di osservazione con telecamere a grande campo che sorvegliano continuamente il cielo, per individuare l’apparizione di scie luminose. Come questo bolide registrato dalla rete italiana Prisma il primo gennaio 2020 sopra l’Emilia.
Dalla triangolazione di diverse postazioni si può risalire alla direzione di provenienza e stimare un’area di caduta, all’interno della quale cercare eventuali meteoriti e raccoglierle prima che vengano contaminate dall’ambiente terrestre. Com’è successo proprio per la meteorite di capodanno, di cui sono stati ritrovati pochi giorni dopo la caduta due frammenti nei dintorni del paese di Cavezzo, in provincia di Modena.
Quella di Cavezzo è la prima meteorite italiana tra le poche decine al mondo recuperate con un metodo sistematico. A sottolineare l’importanza del ritrovamento, le successive analisi hanno poi accertato che si tratta di una ‘condrite anomala’, un tipo di meteorite unica finora nel suo genere, che probabilmente riserverà ancora sorprese sulla sua natura e origine.
A cura di Stefano Parisini
Musica CC: River Fire, di Kevin MacLeod – incompetech.com
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