A Fermo danze indiane e spiritualità per riscoprire condivisione e tradizione

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La danza è da sempre una forma d’arte particolare e unica, in quanto le movenze tracciano l’inerzia del mondo: una forma di espressione che è libertà pura. Si deve partire da questo concetto per raccontare la splendida realtà della Scuola Popolare Transculturale di Lido Tre Archi a San Tommaso Tre Archi, in provincia di Fermo.
Dal 16 maggio scorso infatti quest’ultima ha cominciato a scrivere un nuovo capitolo della sua storia, con un viaggio tra donne, alla scoperta della Gidda Bhangra Haryanvi Dance, la danza tradizionale e rituale indiana. Quest’iniziativa nasce all’interno del progetto R.I.V.E. (Ricostruire Insieme Valori Educativi) selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Questa esperienza è parte integrante della vita spirituale induista, più che una religione un vero e proprio modo di vivere. La sua pratica non si basa su rigidi dogmi ma predilige un approccio esperenziale e una ricerca diretta della realtà.
Con questo approccio si realizzano una serie di incontri, che si tengono nell’ambito del laboratorio co-progettato “Le comunità spirituali si incontrano”, che ruota intorno al tema della religione in chiave transculturale.
L'obiettivo di questo laboratorio è quello di gettare ponti e costruire legami profondi in un contesto multireligioso, guardando oltre le singole differenze per concentrarsi sui valori comuni che uniscono tutte le religioni.
La spiritualità, difatti, racchiude in sé un sentimento universale che accomuna uomini e donne; al di là della provenienza o dalla cultura di origine; che sono alla ricerca di un proprio culto e di una comunità in cui trovare condivisione e fratellanza.
In questo contesto, RIVE promuove una serie di incontri e iniziative per agevolare il dialogo e i processi partecipativi tra culti, l’incontro e la comprensione reciproca, mettendo in sinergia sensibilità e credi differenti.
I culti diversi, rappresentano una risorsa preziosa all’interno dei territori multiculturali come quello di Lido Tre Archi. Svolgono, infatti, un ruolo fondamentale nel processo di inclusione e coesione sociale.
La globalizzazione artistica e il cosmopolitismo culturale messi in atto dal progetto sono qualcosa che non si limita però solo a questo: qui si parla anche di creare una propria identità fondata sulla tradizione per superare gli stereotipi.
A confermarlo sono le stesse partecipanti tra cui Raijini Raijni, una danzatrice ed educatrice indiana, che però chiarisce: “Noi non siamo soltanto donne indiane, noi siamo 72 diverse nazionalità”- e poi spiega- “in questo modo impariamo nuove culture, nuove lingue, e io noto anche che tutte le donne, quando sono qui insieme, sono molto felici, perché è un momento veramente necessario per la salute fisica e mentale per tutte le donne”.
Un’altra testimonianza chiave arriva da un’altra danzatrice indiana, Sonia Rani, che è una casalinga. Lei infatti racconta: “Ci piace perché ci sono donne di altri paesi e perché attraverso la danza, lo stress e la depressione che si accumulano in ambito domestico, svaniscono”.
La nuova prospettiva offerta dal progetto RIVE quindi dà un’alternativa a tutte le donne che vi partecipano, tutte molte volte desiderose di evadere dalla realtà, di cambiare binario, di esplorare sé stesse e di superare i limiti. Perché sì, la dinamicità di un corpo può andare di pari passo con quella della vita.
Servizio a cura di Jacopo Francone e Ortensia Ferrara
Si ringrazia Serena Zeppilli, responsabile comunicazione progetto RIVE

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