9 -- Le tasse e la politica fiscale -- Alberto Alesina

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Con la crisi del '29 ha avuto inizio un periodo caratterizzato dalla riduzione della produzione e dell'occupazione, dalla diminuzione dei salari e dei consumi, dalla flessione degli investimenti e dei risparmi.
Ciò che ha reso differente questa dalle precedenti crisi economiche è stata soprattutto la radicalità della contrazione delle attività economiche a cui si è assistito nel giro di pochissimi mesi.
La crisi ha avuto origine in America e si è rapidamente propagata in tutti i paesi che avevano rapporti finanziari con gli Stati Uniti, come la Gran Bretagna, l'Austria e la Germania.
In tutte queste nazioni si è verificato un drastico calo della produzione seguito dalla diminuzione dei prezzi, da crolli in borsa, da fallimenti e chiusure di industrie e banche. Ma soprattutto, in tempi rapidissimi, si è attestato un aumento vertiginoso della disoccupazione: negli Stati Uniti si contavano 12 milioni di disoccupati, 6 milioni in Germania e 3 milioni in Gran Bretagna.
Per far fronte a questa situazione critica, i diversi governi sono stati spinti a sperimentare nuove forme di partecipazione diretta dello Stato alla vita economica nazionale.
Nello scenario inaugurato dalla Grande Crisi si è allora progressivamente precisata la figura dello Stato sociale. Grazie alla teoria economica di Keynes (leggi Kèins), l'intervento pubblico nell'economia ha assunto sempre più forza politica, soprattutto dopo che le sue idee hanno trovato conferma nei risultati della politica del New Deal (leggi Niu Dil), varata negli stessi anni dal presidente Roosevelt (leggi Rùsvelt) negli Stati Uniti. Si sono così affermate forme di governo destinate a stimolare la domanda tramite un incremento della spesa pubblica.