Iperparatiroidismo. Bloccare l’ipercalcemia con intervento mini-invasivo

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L’iperparatiroidismo primario (IPP) è una malattia endocrina molto frequente ma poco conosciuta. È caratterizzata dall’aumento del paratormone (PHT) che viene prodotto da un adenoma, nodulo generalmente benigno, che si trova a livello di una delle quattro ghiandole paratiroidee.

“È una malattia di cui ci si accorge molto spesso facendo analisi di laboratorio per esplorare una sospetta osteoporosi o una calcolosi renale” – spiega la dr.ssa Stella Bernardi, ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi di Trieste. “Il paratormone, quando viene prodotto in eccesso, porta ad una demineralizzazione dell’osso con aumento del calcio in circolo (ipercalcemia), nelle urine e conseguente calcolosi renale”.
Altri sintomi possono essere dolori muscolari, confusione, frequenti mal di stomaco, a causa appunto dell’aumento del calcio nel sangue. La cura dell’iperparatiroidismo primario lieve è risolutiva con intervento di asportazione della ghiandola dove è presente l’adenoma.

“Al fine di intervenire in modo mini-invasivo – consiglia la dr.ssa Bernardi – è opportuno fare preventivamente uno studio di localizzazione con una ecografia delle paratiroidi o meglio una scintigrafia, per individuare qual è la ghiandola alterata, oppure PET-TAC con colina. L’intervento chirurgico, non particolarmente rischioso, permetterà di bloccare il progressivo danno osseo e del danno renale”.
L’iperparatiroidismo primario lieve è un fenomeno clinico, come detto, molto frequente che interessa soprattutto le donne in post menopausa. “Attenzione: se invece colpisce gli uomini in età giovanile – sottolinea la dr.ssa Bernardi – è da sospettare una forma genetica, da inquadrare con un genetista per le opportune terapie chirurgiche”.

Pur restando quindi il trattamento chirurgico l’unica terapia definitiva per l’IPP, oltre che la più efficace in termini di esiti ed evoluzione, i pazienti che non soddisfano i criteri chirurgici o non possono o non vogliono sottoporsi a chirurgia possono essere monitorati nel tempo. Si può prendere in considerazione la terapia con farmaci che hanno come obiettivo il trattamento dell’ipercalcemia o la ridotta massa ossea. I benefici della terapia medica, tuttavia, richiedono ulteriori valutazioni a lungo termine.


Ne parla la dr.ssa Stella Bernardi, ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi di Trieste.

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