Mini-storia Yamaha R1 | La dinastia YZF è PAZZESCA, dal 1998...

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C’è stato un tempo in cui bastava pronunciare il nome della Yamaha YZF-R1 per evocare immagini di tutto un campionario di situazioni difficili. Adrenaliniche, veloci ma anche piuttosto impegnative, le prime versioni della supersportiva Yamaha che nel 1997 ha cambiato per sempre l’immagine delle maxi giapponesi hanno messo alla prova appassionati e piloti. La YZF-R1, pur con gli alti e bassi dei vari modelli succedutisi in vent’anni di storia non ha mai smesso di essere veloce ed efficace nella guida sportiva, ma si è progressivamente raffinata fino a diventare quel capolavoro di equilibrio prestazionale, sfruttabilità ed estetica che ha debuttato nel 2015 sul tracciato australiano di Eastern Creek.

E da allora è cambiato tanto, perché con l'ultima generazione di R1, le griglie di partenza e i podi dei vari campionati hanno ricominciato a rivederla come presenza fissa. Dal 3% di YZF-R1 alla partenza nel 2014 si è passato al 16% nel 2016, poi al 30, al 36 e infine al 42% del 2018. Una presenza che alla R1 ha fruttato un titolo piloti (con il team GMT-94 nel 2017), tre titoli costruttori e quattro otto ore di Suzuka consecutive, tre titoli SBK Motoamerica, uno nell’IDM, uno in BSB, tre nella JSB, 4 vittorie e 25 podi negli ultimi due anni di Mondiale SBK. Dove per inciso le R1, quest’anno, fanno il 25% dei partenti. Scusate se è poco.

“Squadra che vince non si cambia” è un detto sicuramente italiano, che anche in Yamaha deve però avere la sua quota di proseliti. Perché, da allora, a Iwata si sono limitati a lavorare di cesello sui dettagli. Eliminando quei pochi difetti che aveva la R1, e rendendola sempre più efficace ed efficiente, senza mai comprometterne l’equilibrio e i punti di forza.

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