Leopardi, Copernico e «la nullità del genere umano»

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GIOVEDÌ 27 MARZO 2014 - VENEZIA, ISTITUTO VENETO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI - ORE 16:00

Manlio Pastore Stocchi legge e commenta alcuni brani letterari.

Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi nasce a Recanati nel 1798 da genitori nobili. È considerato non solo il poeta più rappresentativo dell'ottocento italiano, ma anche uno dei più importanti a livello mondiale. Oltre che poeta e scrittore, è stato filosofo, traduttore, filologo e glottologo. È il maggiore di dieci figli, molti dei quali muoiono però prematuramente. Con Carlo e Paolina, più vicini a lui per età, Giacomo trascorre l'infanzia, condivide i giochi e i primi studi. Il padre Monaldo è un uomo colto di idee reazionarie; la madre Adelaide è una donna austera e molto devota. È lei a prendere in mano la gestione del patrimonio e della famiglia, dopo che il marito se ne era dimostrato inadatto. I sacrifici economici, i pregiudizi e il tradizionalismo dei genitori segnano la personalità dei figli. Fino all'età di 14 anni Giacomo viene istruito tra le mura domestiche da due precettori ecclesiastici. Successivamente studia come autodidatta nella ricca biblioteca del padre e in altre biblioteche della sua città. Impara il greco e l'ebraico, e in misura minore francese, sanscrito, inglese, spagnolo. Si dedica intensamente allo studio dei classici e sviluppa l'interesse per la filologia. In seguito estende le sue letture ad autori che gli sono più vicini (Alfieri, Foscolo, Monti, Parini). I suoi primi scritti risalgono alla preadolescenza, ma è dal 1813 che inizia le opere di maggior impegno, molte delle quali pubblicate a partire dal 1916. Nel 1815/16 è affetto da seri problemi di salute, seguiti da disagi psicologici. Tale condizione accresce il suo disagio sociale, già fomentato da una forte timidezza. Nel 1817, sotto il peso della malattia e del malessere per il contesto fortemente provinciale in cui vive, inizia a scrivere quello che diventerà lo Zibaldone, una sorta di diario dove annota pensieri, idee, riflessioni, fino al 1832. Importantissima è per lui la corrispondenza che intraprende con Pietro Giordani. Sempre al '17 risale il suo primo incontro con la cugina Gertrude, della quale segretamente si innamora. Nell'autunno del 1822 ottiene finalmente dai genitori il permesso di allontanarsi da Recanati per recarsi a Roma, ospite di uno zio per alcuni mesi. Rimane però profondamente deluso dalla città, che non risponde minimamente all'idea che se ne era fatto studiando i classici. Rifiuta perciò una proposta che gli permetterebbe tentare la carriera nell'amministrazione pontificia. Nel 1825 si trasferisce a Milano dove gli è stato affidato l'incarico di dirigere l'edizione completa delle opere di Cicerone e di altri classici latini e italiani. Il clima però non gli giova alla salute, si sposta quindi prima a Bologna, dove conosce la contessa Teresa Carniani Malvezzi, di cui si innamora non corrisposto, e poi in Toscana (Firenze prima, Pisa poi). L'ulteriore aggravarsi delle condizioni di salute lo costringe a rinunciare all'incarico e a rientrate a Recanati, dove rimane fino al 1830. Riparte quindi per Firenze, dove gli viene assicurato un assegno mensile per un anno a nome di anonimi "amici di Toscana". Qui conosce Fanny Targioni Tozzetti, ennesima causa di delusione amorosa. Nel dicembre del 1831 viene eletto socio dell'Accademia della Crusca; nel frattempo infittisce la frequentazione con Antonio Ranieri (conosciuto nel '28) la cui amicizia lo accompagnerà fino alla morte. Nel settembre del 1833 parte con lui per Napoli sperando che il clima mite giovi alla sua salute. Qui muore, tra le braccia dell'amico Ranieri, nel 1837.Tra le sue numerose opere ricordiamo qui: le "Canzoni", 1824, comprendenti 10 componimenti; i "Versi", 1826, comprendenti 6 idili, 2 elegie, 5 sonetti, e altro ancora; le "Operette morali"; i "Canti", comprendenti 23 componimenti, 1836.

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