RAZZO
Lo sviluppo dei razzi a propellente liquido iniziò nel corso degli anni Venti. Il primo vettore di questo tipo funzionante, costruito da Goddard, fu lanciato nel 1926 nei pressi di Auburn, nel Massachusetts, ma il primo grande razzo dal funzionamento efficiente fu il prototipo di V-2, progettato in Germania sotto la direzione di Wernher von Braun. La prima V-2 fu lanciata il 3 ottobre 1942 dal centro di ricerca di Peenemünde.
Costruzione
Nei razzi a propellente liquido, la parte anteriore contiene di solito il carico utile, che può consistere di una testata esplosiva oppure di strumentazione scientifica. Nella maggior parte dei casi la sezione adiacente contiene strumenti di guida come un giroscopio o una girobussola, accelerometri e un computer, dietro ai quali sono situati i due serbatoi principali, uno contenente il combustibile e l'altro l'agente ossidante. Se la dimensione del razzo a propellente liquido è relativamente contenuta, sia il combustibile sia l'ossidante possono essere forzati nel motore del razzo pressurizzando i serbatoi con un gas inerte. Per i grandi vettori questo metodo non è pratico, dato che i serbatoi dovrebbero avere dimensioni eccessive; in questi casi la pressione richiesta viene prodotta per mezzo di pompe, situate fra i serbatoi e il motore. Dato che le quantità di propellente che deve affluire per unità di tempo è molto grande (già la V-2 bruciava 127 kg di propellente al secondo), è necessario usare una pompa centrifuga a grande capacità azionata da una turbina a gas.
Con l'inizio dei voli spaziali con equipaggio umano e l'avvento di una seconda generazione di vettori, il carico utile si è trasformato in una serie di capsule spaziali abitabili: Mercury, Gemini e Apollo (Esplorazione dello spazio). Infine, con lo Space Shuttle, il razzo a propellente liquido e il carico utile sono integrati in un'unica unità.
Propellenti liquidi
Per quanto la maggior parte degli scienziati impegnati in studi pionieristici sui razzi a propellente liquido abbia optato per la benzina, accanto a questa sono stati usati ampiamente anche il kerosene raffinato e l'alcol etilico. Quest'ultimo, combustibile di razzi come la V-2, il Viking e il Redstone, viene bruciato con ossigeno liquido, il quale presenta tuttavia alcuni svantaggi: in particolare possiede un punto di ebollizione così basso da disperdersi in misura considerevole per evaporazione.
La ricerca di un sostituto per l'ossigeno liquido ha condotto, quasi per caso, a un'altra classe di combustibili liquidi, costituiti da acido nitrico come ossidante e da anilina oppure idrazina come combustibile. Una simile combinazione non richiede ignizione, dato che il combustibile e l'ossidante bruciano spontaneamente quando vengono posti a contatto.
L'idrogeno liquido è in teoria il combustibile più efficiente, ma è assai difficile e pericoloso da gestire. I problemi legati all'uso di questa sostanza, comunque, sono stati risolti dagli ingegneri aerospaziali che hanno lavorato alla realizzazione dei vettori Centaur e Saturn 5 e dei propulsori dello Space Shuttle.
Razzi ibridi
In un razzo ibrido il combustibile è solido, spesso di materiale plastico, e l'ossidante è un liquido, ossigeno o acido nitrico, che viene trasportato in un contenitore pressurizzato posto al di sopra del combustibile. Questo sistema unisce i vantaggi dei solidi (facilmente manipolabili) a quelli dei liquidi (facilità di regolazione o interruzione del flusso). Probabilmente i razzi ibridi troveranno impiego soprattutto in quei casi in cui si rendono necessarie correzioni di velocità.
Alcuni missili e veicoli spaziali sono spinti da razzi a stadi multipli, alcuni dei quali usano propellenti liquidi, altri propellenti solidi.
Ugelli
I motori a razzo ad alte prestazioni, come quelli usati per le esplorazioni spaziali, che devono funzionare in condizioni vicine a quelle del vuoto, necessitano di ugelli molto grandi per raggiungere velocità supersoniche di uscita del getto. L'ugello deve avere una sezione convergente dalla camera di combustione alla porzione più stretta - detta gola - dove viene raggiunta la velocità del suono; successivamente la sezione diverge, fino a raggiungere un diametro di uscita che è pari a quattro o cinque volte quello della camera di combustione.
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