NELLA PATRIA DEL FRIULI - "DESCRITTIONE DELLA PATRIA DEL FRIULI"

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La Patria del Friuli. O semplicemente La Patria. Per secoli la nostra terra è stata chiamata in questi due modi. Ma perché e da chi?
L'origine è incerta e controversa. Ci sono di mezzo i patriarchi di Aquileia, principi di uno stato ecclesiastico con poteri secolari che presentava anche una prima rudimentale ma innovativa forma di parlamento, e i veneziani, che conquistarono il Friuli nel 1420 governandolo fino all'arrivo di Napoleone nel 1797.
Nella sua “Descrittione della Patria del Friuli”, datata 1568, il nobile letterato Jacopo Valvason di Maniago scrive che la regione “nè primi tempi fu chiamata Carnia et perfin oggi la parte montana situata verso Settentrione conserva il nome (…) et ultimamente Patria, così appellata dai signori vinitiani perché, ritornando loro dopo la guerra sul Friuli, soleano dire andiamo alla Patria, come in gran parte nativi di Aquilegia et di Concordia, colonie antiche di Romani nominate per Atila re de gli Unni”.
Secondo questa versione sarebbero stati quindi i veneziani a chiamarla per primi Patria, riconoscendo che lì essi avevano le loro radici. Sia Grado che Torcello, e quindi la futura Venezia nacquero quando, sotto la minaccia gli Unni di Attila, in moltissimi da Aquileia e dintorni, ma anche da Concordia, Opitergium e Altino, insomma dall'entroterra friulveneto, trovarono rifugio in quella costellazione di isole, barene, lingue di sabbia e fango che puntinava le lagune tra Grado e Chioggia. C'è poi un'eredità spirituale che lega il Friuli, “territorio di Aquileia”, a Venezia ed è il culto di San Marco, fondatore, secondo la leggenda, della chiesa aquileiese, e molti secoli dopo patrono della nascitura Repubblica del Leone. Quindi anche il potere spirituale di Venezia, legittimazione di quello temporale, è stato ereditato dagli antichi patriarcati di Aquileia e di Grado. Proprio il Patriarcato di Aquileia sarebbe anch'esso origine dell'espressione “Patria del Friuli”, secondo una versione accreditata, anzi preferita, dallo stesso Valvason di Maniago, che poco più avanti scrive: “Ma io credevo più tosto ch'ella habbia preso il nome dalli Patriarchi d'Aquilegia insieme al territorio ch'essi possedevano (…) et indi in poi pare a me che fusse stata chiamata Patria in logo di Patriarcato per la brevità del parlare”.
Il resto dell'incipit della “Descrittione” è un meraviglioso spot di questa terra, che sarebbe anche oggi quanto di meglio potrebbero pensare i guru della promozione turistica. “Circondato da ogni intorno a guisa di Theatro dall'Alpi (…) questo paese dunque è tutto lieto di vaghi colli et chiari fiumi et ameno di belle e spatiose campagne molto comode per le caccie et uccellaggioni d'ogni sorte, quantunque d'aere freddo et sottile per la vicinanza dell'Alpi et per cagione de' venti boreali et settentrionali che quivi spesse volte si sentono violenti. (…) è copioso di vini che nascono nel piano et ne colli, molti eccelenti lodati già dagli antichi Greci et Romani e al presente celebrati da molti Principi e Signori d'Europa. (…) produce biade, vini, carni, pesci, frutti et herbaggi in tutta perfettione, oltre i marmi et pietre meschie et li rovori, larici, abeti et pini altissimi per l'arsenale.
Anche Valvason di Maniago conferma che il friulano rientra a pieno titolo nella rosa delle lingue romanze: “Il linguaggio (…) è una corrottione del latino come d'altri d'Italia meschiato con parole spagnuole ma con assai più francese (…) per il che questa lingua è difficile a chi non è natio del paese (…)”.
Sulla gente del Friuli si esprime così: “Gli huomini et le donne di questa Regione sono d'aria chiara et aperta, di bianca et viva carnagione, d'intelletto acuto et presto, onde tutti quelli che s'hanno dato all'arti et scientie nobili o alle armi et corti, hanno sempre fatto ottima riuscita, ma egl'è vero che pochi ne escono per essere lontani dai Principi et da le corti et forse per non haver di questi tempi molti personaggi del Paese che gli diano mano et gli prestino favore et aiuto”.
Anche nell'ultimo periodo il nobiluomo udinese, originario di Valvasone, esprime un concetto ancora attualissimo. Sottolinea il talento e la bravura di tanti suoi conterranei, ma anche la marginalità di questa terra e la lontananza dai grandi centri del potere, degli affari e della cultura, che sono le città e le corti di dogi, duchi, principi, papi e imperatori. Allora come oggi il Friuli è terra di confine, periferia, e i suoi abitanti sono costretti a sgomitare più degli altri per eccellere nei rispettivi campi.

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