La curiosa storia del pomodoro: il frutto che un tempo ritenevamo velenoso

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Riesci a immaginare la vita senza il pomodoro? Noi no!
Ora lo usi in cucina tutti i giorni, ma prima era associato alla stregoneria ed era considerato addirittura velenoso.
Ti spieghiamo perché

Il pomodoro è sudamericano. Lo troviamo in Ecuador, Perù e Cile. 
Poi sale in Messico e qui gli Aztechi lo chiamano xitomati, parola che sarebbe diventata “tomato” in inglese. Sono proprio gli Aztechi i primi a creare una prima salsa di "tomati". Molti storici hanno affermato che il pomodoro sarebbe arrivato in Europa per mano di Cristoforo Colombo ma non è così: i pomodori non facevano parte dei tesori che portò dal Sudamerica. 

La sua vera storia inizia nel 1540: Hernán Cortés, uno degli uomini a capo dei Conquistadores, rimasto in Sudamerica per oltre 20 anni, porta i pomodori in Spagna. 
Ai re di Spagna questa nuova pianta non piace granché, non apprezzano per nulla il regalo e non credono nel modo più assoluto a Cortés che dice di averli mangiati: il pomodoro, secondo loro, è solo una varietà scadente di melanzana. Inoltre dalla medicina dell’epoca venne etichettato come velenoso.

Ma perché? Una leggenda racconta di alcune morti legate al consumo di pomodoro, che però veniva servito su piatti di peltro, materiale altamente tossico, quindi reale causa di questi decessi sospetti. 
I pomodori sono carini però, quindi possono stare negli orti botanici come piante ornamentali, oppure nei giardini dei regnanti vista la rarità della pianta.

In più c’è di mezzo la religione: nella Bibbia i pomodori non vengono citati, proprio come le patate, quindi tutti credevano che non si dovessero mangiare. 

Anno 1574, abbiamo l’origine del suo nome: in Europa questo frutto arriva in più colorazioni e desta l’interesse di un medico toscano, Pietro Andrea Mattioli. 
Ricordiamo che il pomodoro è classificato come frutto perché cresce a partire dal fiore di una pianta impollinato e ha molti semi al suo interno.

Inaspettatamente è stato il pomodoro giallo a dare vita al suo nome: Mattioli unì il suo aspetto, simile a una mela, e il suo colore giallo, e lo nominò “mela aurea” oppure “pomo d’oro” . Mattioli è affascinato da questa pianta e la studia per oltre un decennio: è anche il primo a parlare della sua variante rossa, o come l'ha chiamata lui "una variante rossa come il sangue".
Purtroppo la diffidenza verso il pomodoro come cibo persiste anche da noi, ma almeno non è ritenuto velenoso e qualcuno comincia a mangiarlo.

Siamo nel 1600: la gente inizia a essere meno diffidente, sulle tavole del vicerè di Napoli compare una prima forma di ragù, molto simile al ketchup in realtà, per mano di Antonio Latini e da quel momento Napoli impazzisce per il pomodoro. Come ci dice Angelo Forgione nel libro “il Re di Napoli”, tutto il mondo scopre questa nuova passione e il vicerè del Perù regala una pianta di pomodori a Ferdinando di Borbone.
Alla corte di Ferdinando, oltre alla pianta, arrivano anche dei semi che verranno poi piantati tra Napoli e Salerno. La zona ha un terreno vulcanico ideale per la coltivazione. Siamo a San Marzano e ancora oggi questa è una delle varietà più vendute al mondo. Qualche chilometro più a sud spunterà dal terreno un'altra varietà molto pregiata e amata: a Corbara nasce, per l'appunto, il pomodorino di Corbara. 

Il 1700 è l’Era di un’unione deliziosa: a Napoli arriva la pasta che salva il popolo dalla carestia, mangiata in bianco, perché le ricette con il pomodoro si fanno solo a corte, rimangono riservate ai nobili. Dobbiamo ringraziare Vincenzo Corrado che solo nel 1773 introduce una salsa al pomodoro con cui condire la pasta nella sua guida culinaria, “il cuoco galante”.
Il cuoco invita tutti a gustarli, “i pomidoro sono di piacere” dice nel ricettario, proseguendo parlando del ragù, da utilizzare per condire carne, pesce e pasta.

Nel 1800, finalmente il trionfo del pomodoro: in Italia si mangia l’amatriciana, il ragù, la pizza. Il pomodoro diventa una vera e propria icona della cucina. 

Il pomodoro ne ha passate proprio tante, però con un po’ di sforzo è riuscito a farsi accettare.

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