Oltre il circolo ermeneutico di Hans Georg Gadamer (RAi_FILOSOFIA)

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Nel video Gianluca De Candia presenta il tema della lezione che terrà presso il dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Piemonte Orientale nell’ambito di un “Short Term Visiting Professor” nel semestre invernale 2023/2024: “Stare nel circolo ermeneutico nella maniera giusta”. Sulla struttura del comprendere e dell’interpretare nelle discipline umanistiche.

Una delle novità introdotte dall'opera Verità e metodo (1960) di Hans Georg Gadamer (1900 – 2002) nel dibattito filosofico a lui contemporaneo, segnato dallo storicismo e dalla teoria critica della scuola di Francoforte, è stata la riabilitazione teoretica dei pregiudizi. Ciò che per Kant, e in generale per l’illuminismo, era espressione di una conoscenza incerta e fallace, qualifica invece per Gadamer la nostra comprensione preliminare del mondo (Vorverständnis). La figura sistematica di tale “precomprensione” è rappresentata dal “circolo ermeneutico”, la cui funzione per Gadamer non sarebbe affatto quella di «un circolo "metodico", ma (quella di) indica(re) una struttura ontologica della comprensione» Verità e Metodo, Bompiani Milano 1983, 343).

Nel corso della sua analisi dell’opera gadameriana Gianluca De Candia registra tuttavia una certa oscillazione fra una “ermeneutica filosofica” e “una ermeneutica testuale”. Il ruolo che Gadamer conferisce alla tradizione testuale gli impone infatti di tracciare, in senso fenomenologico, anche l’orizzonte operazionale della comprensione dell’arte, della storia o dei “classici”, che lo portano infine a postulare una appartenenza alla tradizione così radicale, da rendere estremamente difficile una “fuoriuscita” dal circolo ermeneutico.

Per quanto dunque l’intenzione di Verità e metodo fosse quella di contribuire a chiarificare il carattere conoscitivo proprio delle discipline umanistiche, l´ermeneutica gadameriana, se recepita dalle Geisteswissenschaften, rischia di introdurre in esse una tendenza marcatamente anti-epistemologica. Questa ambiguità giunge ad espressione in una delle tesi centrali dell’opera:

“La comprensione non è mai, in realtà, un “capir meglio” né nel senso del sapere meglio le cose in base a concetti più chiari, né nel senso di superiorità che possiederebbe la consapevolezza rispetto al carattere inconscio della produzione. È sufficiente dire che, quando in generale si comprende, si comprende diversamente.” (Verità e Metodo, 346)

Per De Candia il superamento di tale ambiguità sistematica e il recupero della differenza fra “comprensione” e “interpretazione” è decisivo se si vuole restituire alle discipline umanistiche il loro carattere specifico di “scientificità”. A tale superamento è dedicata la ricerca di De Candia, svolta in una produttiva discussione critica con la proposta ermeneutica avanzata sul tema da Vittorio Hösle (Kritik der verstehenden Vernunft. Eine Grundlegung der Geisteswissenschaften, C. H. Beck, München 2018).

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