Piz Badile - Spigolo Nord (Ringo Star attempt)

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Luglio 2021.

3 Days of Sweat, Walking and Frustration.
Confidando nelle buone condizioni del ghiacciaio di Turbinasca, ci dirigiamo alla Nordovest del Badile con l’intenzione di ripetere Ringo Star, aperta dal mitico Fazzini nel 1985 e a detta di molti la più bella via di questa montagna.
Il piano è semplice: bivaccare sotto un masso alle pendici del ghiacciaio, fare la via, calarsi sulla sportiva che passa più a destra e ridiscendere al masso per recuperare il materiale da bivacco.
Troppo semplice e bello per essere vero.
Infatti quando la mattina ci incamminiamo sul ghiacciaio pregustando già la scalata del Magnifico che dall’alto si mostra in tutta la sua imponenza, scopriamo nostro malgrado che il ghiacciaio è in pessime condizioni. Dopo alcune ore trascorse a cercare senza successo un passaggio per superare una zona particolarmente tormentata e spinti da qualche crollo di troppo scegliamo di fare dietrofront. Decidiamo di salvare la giornata ripiegando sullo Spigolo Nord che nessuno dei due ha mai fatto. In linea d’aria, lo spigolo si trova un centinaio di metri sopra di noi, peccato che per raggiungerlo dovremmo aggirare una costiera rocciosa lunga un chilometro fino al Sasc Furä e poi da lì ricollegarci al sentiero che conduce alla base. Questo richiederebbe circa tre ore, dunque scaliamo la costiera rocciosa in un punto abbastanza facile che consente in qualche modo di ricongiungersi al Viale e da lì allo Spigolo in circa un’ora. Sono quasi le 11 quando finalmente, dopo sette ore dalla sveglia, cominciamo ad arrampicare. Scaliamo non proprio light visto che abbiamo appresso scarponi, ramponi, picca, viti da ghiaccio, due mezze e una serie e mezzo di friend, ma tutto sommato abbastanza fast. La via scorre veloce in conserva e in tre orette siamo finalmente in cima al Badile. Ora si pone in problema della discesa: calarsi sullo spigolo non ci sembra la cosa migliore visto che la discesa è laboriosa e occupata dalle cordate che stanno ancora scalando. Optiramo quindi per la discesa alla Gianetti attirati dalla prospettiva di una buona cena e un letto comodo per incamminarci il giorno seguente verso il Passo della Turbinasca che in circa 6 ore riporta al posto dove abbiamo bivaccato. Purtroppo arrivati al rifugio scopriamo che è stracolmo e il gestore ci fa capire che, vista la situazione covid, sarebbe molto difficile sistemarci per la notte. Mentre ci consoliamo con una birra, posticipando più in là possibile la lunga camminata che ci attende, un ragazzo torinese mai visto prima si offre di prestarci la sua macchina - parcheggiata a San Martino - per andare a Bondo, mentre lui resterà al rifugio ancora un paio di giorni con la sua ragazza. È una proposta allettante perché ci permetterebbe di arrivare in Svizzera in poco più di un’ora e risalire leggeri per il sentiero percorso il giorno prima fino al materiale abbandonato.
La decisione è presa e stiamo già scendendo verso la Val Masino con in tasca le chiavi del benefattore. Arrivati ai Bagni riusciamo a scroccare un passaggio all’ultima auto che sta lasciando il parcheggio ennesima botta di culo e questo non solo ci risparmierà un po’ di fatica ma ci consentirà di arrivare al ristorante Fiorelli alle 21.30, giusto in tempo per incrociare casualmente un amico e farci anticiparci i soldi per la cena visto che i nostri portafogli sono rimasti sotto al sasso elvetico.
Rifocillati a dovere recuperiamo la macchina al cimitero e al suo interno, come promesso, troviamo una tenda, materassini e sacco a pelo.
Finalmente si dorme.
Il mattino seguente solo al varco della dogana realizziamo che stiamo per entrare in Svizzera con l’auto di uno sconosciuto senza patente e senza documenti. Bene ma non benissimo. È tutto surreale ma la facciamo franca.
Il resto della giornata trascorre facendo la spola dal parcheggio al masso, poi di nuovo a San Martino a riportare la macchina e a restituire i soldi della cena.
A conti fatti siamo stati in giro tre giorni per scalare tre ore e attraversare due stati più volte. Le ore passate a camminare non le abbiamo contate.

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