La SCONFITTA più BELLA nella storia dell’Inter ||| L’IMPRESA al Camp Nou

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Tutti quelli che passavano da Barcellona almeno per un weekend tra il 2009 e il 2012 difficilmente riuscivano a resistere alla tentazione di dare quantomeno un'occhiata al più grande spettacolo del mondo. Un calcio ipnotico e visionario, la miglior orchestra mai assembleata dai tempi del Milan di Sacchi al servizio di un direttore di furibonda genialità, ma anche uno spettacolo costoso, esclusivo, globale nel senso più puro del termine, con migliaia di spettatori americani, indiani, giapponesi che si mischiavano ai tifosi locali, disposti a spendere qualunque cifra per 90 minuti di Messi e compagni. Nelle notti più torride era tutto esaurito anche il quarto anello del Camp Nou, da cui – notoriamente – non si vede niente, il calcio sembra virtuale e i giocatori sembrano dei pixel indefinibili come in un vecchio videogame. Quest'ingranaggio apparentemente perfetto, che coniugava risultati e stile – il Barça con le magliette sponsorizzate Unicef, su cui Mourinho avrebbe ironizzato un anno dopo – questa macchina infernale che macinava titoli spagnoli e internazionali, che aveva vinto una Champions League nel 2009 e un'altra ne avrebbe vinta nel 2011, fu sabotato il 28 aprile 2010. In dieci, nel Duemila-Dieci, a difesa di un risultato che, privato del trattino, diventa anch'esso un Dieci. 10 cartoline da Barcellona, la più bella sconfitta della storia dell'Inter.Era considerato dormiente dal 1821, ma intorno alla mezzanotte del 20 marzo 2010 il vulcano islandese Eyjafjöll, punta di diamante del ghiacciaio Eyjafjallajökull (eiafiatlaiòcutl ), ha la bella idea di risvegliarsi ed eruttare. È l'ultimo sabato sera invernale: l'Inter ha rallentato a Palermo, 1-1, gol di Milito e pareggio di Cavani, ed è andata a dormire con un filo di preoccupazione perché il Milan di Leonardo, il giorno dopo, battendo il Napoli in casa potrebbe operare il sorpasso in vetta alla classifica – ma non ci riuscirà. Per un mese il vulcano islandese rimane un accidente trascurabile e non trova spazio sui giornali fino a metà aprile, quando un'altra grossa eruzione crea un'enorme nube di ceneri vulcaniche che appesta i cieli di tutto il continente e causa disagi, ritardi e cancellazioni in tutti gli aeroporti d'Europa. Così il Barcellona arriva a Milano dopo 15 ore di viaggio in pullman stile gita scolastica, con unica tappa a Cannes: un pullman extra lusso, naturalmente – qui vedete Puyol che prova a rassicurare i tifosi postando su Twitter le foto degli interni.Ma la sfacchinata lascia alcune scorie nelle gambe dell'ultrastressato Barça, che dopo il gol di Pedro cade con tutte le scarpe nella strategia approntata da Mourinho: difendere bassissimi e ripartire, fino a pungere tre volte con Sneijder, Maicon e Milito. Anche su Inter-Barcellona 3-1 si potrebbe parlare per giorni interi e solo lo show finale di Balotelli meriterebbe una parentesi di mezz'ora. Ad ogni modo, nonostante i due gol di scarto, il Barça è ancora sinceramente convinto che si sia trattato di un episodio isolato e irripetibile, anche se Iniesta è infortunato e salterà anche il ritorno, anche se i cinque cartellini gialli – tra cui quello di Puyol, diffidato e squalificato – dovrebbero allarmare un po' Guardiola sulla delicatezza anche psicologica del doppio confronto. Del resto, il punteggio che serve l'hanno già ottenuto a novembre, nel girone, un Barcellona-Inter in cui il 2-0 finale stava fin troppo stretto al Barça, perdipiù senza Leo Messi. Niente, la parola è solo una, recitata come un mantra, agitata come un grido di battaglia: “remuntada”. “Io ho raccomandato ai miei giocatori di inseguire un sogno, mentre invece per il Barcellona è un'ossessione. Il sogno è più puro dell'ossessione. Per il Barcellona raggiungere la finale di Parigi nel 2006 e Roma nel 2009 è stato un sogno, ma arrivare alla sfida decisiva al Santiago Bernabeu, nella tana del Real Madrid, è un'ossessione. Li capisco: lo sarebbe anche per noi se andassimo a giocarci la Champions a Torino".
(José Mourinho, conferenza stampa 27 aprile 2010)
La migliore qualità di José Mario dos Santos Mourinho Felix è sempre stata quella di saper affondare il bisturi con abilità e precisione da microchirurgo. Non è una qualità che s'insegna né che s'impara, è istinto di sopravvivenza e capacità di fiutare la preda. A Mourinho basta studiare la cartina srotolata sul tavolo per cinque secondi per capire dove attaccare. La finale a Madrid, i campioni d'Europa in carica, l'ambizione di Guardiola: come invitare una volpe a cena in un pollaio.

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