IL Concilio Vaticano II cinquant'anni dopo, tra nostalgia, tradizione e sfide per la Chiesa.

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CAPOVILLA: IN QUEL TESTO C'ERA GIA' TUTTO

«Di fronte ai mutamenti cul­turali, sociali, tecnologici, economici, sociali,
Papa Giovanni XXIII desiderava tornare a interrogarsi e confrontarsi sul ruolo
della Chiesa nella società e nella storia, chiamando i vescovi di tutto il mondo
a riflettere su modi nuovi per annunciare il Vangelo di sempre e affiancare
con la forza della fede e del dialogo il cammino dell'umanità nella prospettiva
della costruzione del Regno di Dio». Questa -- ricorda l'arcivescovo Loris Francesco Capovilla,
già segretario di papa Roncalli -- la consapevolezza che appare in filigrana,
già nell'Humanae salutis, dove «le finalità del Concilio sono già specificate,
i motivi di fiducia indicati, il programma di lavoro annunciato non senza invito
alla preghiera », e dove si riconoscono a questo strumento presente nella storia
della Chiesa le potenzialità «per contribuire a incrementare la grazia nei fedeli
e a far progredire il cristianesimo».

Capovilla, il don Loris che appare nei vecchi filmati in bianco e nero con Giovanni XXIII
e oggi ha novantasei anni, ricorda che era un giorno piovoso quello del Natale del 1961:
«Anche per que­sto la firma, per quanto solenne, avvenne nella Clementina e non nella
Basilica di San Pietro o pubblicamente». Dettagli di cronaca a parte, Capovilla afferma
con fermezza: «È li che bisogna tornare a leggere. Sono parole chiare. C'è tutto, formulato
con tale trasparenza che non giustifica l'allarmismo di alcuni, né la chiusura di altri:
fortificare la fede, rimirare la propria stupenda unità, dare maggiore efficienza alle strutture».
In una parola, riprendendo il testo firmato da papa Roncalli: «Immettere l'energia vivificante
del Vangelo nelle vene della comunità umana», continua il testimone autorevole di quel
pontificato e del Vaticano II. Che non nasconde le sue attese per l'imminente anniversario
dell'apertura del Concilio (11 ot­tobre 1962 - 11ottobre 2012), in coincidenza con l'apertura
dell'«Anno della Fede» voluto da Benedetto XVI: un'occasione da condividere, dice
Capovilla, sempre convinto che «tantum aurora est», che «siamo solo all'aurora».
Dell'evangelizzazione.

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