Vivere in Albania scegliere Durazzo - Zero tasse e molta più umanità nelle relazioni

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Perché ascoltare bene questa prima intervista albanese!? Perché la percezione che abbiamo dell’Albania è il frutto distorto dall’immigrazione di albanesi verso l’Italia avvenuta nel periodo post-comunista. Dal 1946 al 1990, l'Albania è vissuta sotto un regime comunista  estremamente 
isolazionista e  stalinista che l’ha completamente tagliata fuori dal mondo.

Aperte le carceri ricolme di dissidenti politici armai diseredati, le prime andate che si infransero contro l’Italia erano frutto della disperata situazione di chi non aveva nulla da perdere.
Oggi, questo pregiudizio sull’Albania accompagna ancora il sentito verso questa terra appartenuta dall’età della pietra al popolo illirico e abitata oggi da una popolazione dal cuore semplice e generoso. Le parole di Pinuccia e Alfio ci conducono per mano dentro un’esperienza di cambio vita dal risultato entusiasmante. L’aver ritrovato un pace e una tranquillità del vivere è la ragione della loro piena soddisfazione.

Provenienti dalla zona di Bergamo, Pinuccia e Alfio, hanno scelto la loro nuova destinazione dopo aver valutato i vantaggi in termini fiscali e aver toccato con mano la genuina accoglienza e cordialità del popolo albanese. L’Albania, non considera reddito le pensioni, dando, a mio avviso, prova di grande civiltà. Dunque, la non tassazione riguarda anche le pensioni albanesi. Non avviene, cioè, quel che capita in altri paesi, dove sono le pensione provenienti dall’estero a godere di regimi fiscali di privilegio per attirare pensionati. Qui, anche le pensione nazionali non vengono tassate, in quanto, appunto, non sono considerate reddito.

Ma al là di questo aspetto di indubbio vantaggio, ciò che convince Pinuccia e Alfio nella loro scelta è la ritrovata serenità di vivere in una società, più lenta, meno organizzata forse, ma con dei connotati di umanità molto marcati e riscontrabili nelle relazioni di tutti i giorni. Devo dire che, là dove tutto funziona, dove tutto è regolamentato esasperatamente, là, dove, soprattutto, la popolazione si adegua a legislature ferree, rispettandole e considerandole la salvaguardia del loro benessere, tutto funziona alla perfezione. L’aspetto delle città è di una pulizia e di una efficenza inappuntabile, tutto sembra offrire il massimo del benessere, e forse per molti versi è così. Eppure, un certo disagio aleggia, a mio avviso, in questi luoghi. Si ha come la sensazione di essere sempre sottoposti al giudizio dell’efficenza, oltre che a quello spietato delle telecamere e dei controlli di una polizia che si fa sempre più aggressiva è investita del potere assoluto di salvaguardare la legge.

Questo sistema di cose, estremamente legalista, instaura spesso rapporti di sfiducia e perfino di delazione tra i cittadini. La gente diventa sospettosa e fredda, tutta tesa a conservare lo stato civile delle cose, perdendo di vista le persone stesse che di quello stato civile dovrebbero essere beneficiari: è come se lo strumento adottato per garantire il benessere, diventa il benessere in sé e la sua conservazione più importante dei risultati che dovrebbe generare e garantire. Confondiamo, cioè il benessere del singolo con quello del sistema. Oppure, al benessere del singolo, sostituiamo quello dello strumento che dovrebbe garantirlo.

Tutto assume una forte connotazione estetica e le ragioni stesse per cui si è giunti a quello stato si smarriscono, le persone non sono più al centro; al centro c’è il mantenimento di ciò che si presume sia lo strumento del loro benessere. In Albania tutto questo è lontano anni luce. Tutto è lasciato, più che al caso, all’iniziativa delle persone, con gusto più letterario vorrei dire al loro cuore. Le regole ci sono e sono ovviamente dettate dallo Stato, ma lo Stato non è percepito come l’entità suprema e infallibile, la cui parola o legge non va contraddetta. Nei fatti, le vere regolamentazioni sono gli accordi tra le persone. In Albania si ha, ancora oggi, più fiducia nell’iniziativa delle persone che in quella dello Stato.

É una scala di valori quella di cui parlo? Sto delineando una società migliore dell’altra? No. Me ne guardo bene. Il futuro sembra battere in una direzione precisa e immutabile. Cerco solo di dire che ci si può trovare più a proprio agio in una società che ha ancora caratteristiche ritenute “retrograde” rispetto all’efficienza e iperegolata dell’Occidente.

Ecco, molto sinteticamente cosa penso abbiano provato Pinuccia e Alfio, ecco cosa abbiamo sentito noi incontrando la gente in Albania. E di questa interpretazione, che approfondiremo nelle prossime interviste e dirette sono l’unico responsabile, senza complici, se non Barbara.

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