Recitare: la differenza tra film e vita reale - con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea

La differenza tra recitare in un film e vivere la vita reale non sempre è così netta. Per alcuni attori, infatti, recitare significa mettere in scena delle parti di sé, ovvero attingere alla propria esperienza personale. Con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea riflettiamo sul fatto che, quando si interpretano dei personaggi all'interno di un film, è facile riscontrare delle dinamiche appartenenti alla propria vita privata.

In questo estratto dell'intervista fatta ai due attori in occasione dell'uscita di "Figli" - il film che li vede protagonisti nel ruolo di genitori - scopriamo come l'esperienza della recitazione porti a cambiare anche un po' se stessi.

Di seguito, un breve minutaggio dell'intervista:
0:00 Il rapporto tra la vita privata e l'interpretazione dei personaggi nei film
1:34 Di cosa parla il film "Figli"
2:30 Scindere il personaggio che si interpreta nei film dal proprio ruolo nella vita quotidiana

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#recitare #PaolaCortellesi #psicologia
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LM: "A proposito di interpretazione, quanto avete potuto attingere alla vostra esperienza personale - se avete attinto - per mettere in scena questi personaggi?"

PC: "Ho attinto. Di solito quando faccio dei personaggi nei film a volte prendo da tante cose, che osservo, che vedo, che scriviamo e magari si compone un personaggio che è l'insieme di tante persone e di tante personalità. Prendo quello che conosco degli altri e qualcosa dalla mia vita chiaramente, ma non troppo.

In questo caso era inevitabile perché mi sono molto riconosciuta in tante dinamiche famigliari e dinamiche di coppia. Perché questo film parla di coppie, di una coppia di un amore e di quanta fatica si faccia a mantenere un rapporto d'amore e far sì che sia longevo, e mantenerlo, e costruirlo piano piano, venirsi incontro, capirsi, accettare. Bisogna essere molto maturi, molto saggi per riuscire ad arrivare al punto di accettare. Lo scontro è sempre una cosa più immediata, la prima cosa, la cosa più istintiva. E quindi, sicuramente, a quest'età mi rendo conto che tante cose sono vere, le ho vissute, le ho passate, perciò metterle in scena in quel contesto lì non significa rimettere in scena qualcosa che hai vissuto realmente in quel modo, ma sicuramente è qualcosa che conosci."

LM: " è un'esperienza che cambia? Cioè, quando torni a casa, dopo una giornata di riprese, dopo una settimana, due, due mesi di riprese, il ruolo del tuo personaggio te lo porti anche nella quotidianità oppure siete bravissimi e riuscite a switchare?"

VM: "Io, guarda, per tanti anni ho sempre pensato che quando finisce l'orario di lavoro io torno a casa e non mi cambia niente. Poi, piano piano, ho cominciato a capire che nessun film che ho fatto l'ho fatto per caso, ma non perché sono diventato un fricchettone, perché ho potuto riconoscere i film quando li stavo facendo, in che momento della mia vita e di cosa parlavano e come affrontavano le cose. E quindi a me lavorano molto in profondità, non è che me ne accorgo coscientemente, però c'è. Ad esempio, io attingo talmente tanto ormai, che manco me ne accorgo quanto attingo e quanto no. "

LM: "É un tutt'uno!"

VM: "Sì, ma non lo so. Ma io di scene come quelle che abbiamo fatto io e Paola, probabilmente ne ho vissute anche, però in tante piccole cose, ad esempio io non ricordavo più piccole quotidianità con il bambino piccolo, il terrore della prima volta da solo. Me le sono ricordate tutte, come se i momenti in cui dici che prima di morire ti vedi tutto. Ecco, quindi stavo sempre sul baratro, capito? Ho rivisto un sacco di cose, ho dissotterrato un sacco di cose facendo questo film."