Le Canzoni di Aniello Califano

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Aniello Califano
(Sorrento - 19-1-1870
S.Egidio del Monte Albino(Sa) 20-2-1919)

“Surriento gentile
suspiro d’ammore
delizia ‘e stu core
tu sì nu buchè”
Sono i versi di “Serenata a Surriento”, scritta in risposta ai napoletani
fratelli De Curtis della famosa “Torna ‘a Surriento” cosa che non gli andò
giù, un tarlo che lo rodeva, lui sorrentino di nascita.
La questione a distanza continua anche l’anno dopo, avendo accusato
i De Curtis di avergli rubato il titolo di una sua canzone scritta molti anni prima,
“A Surrentina” c’è anche da dire che i De Curtis lo chiamavano “il cafone”
perché nato a Sorrento!!
A.Califano era figlio unico, di madre sorrentina che vantava quarti di nobiltà,
il padre un piccolo proprietario terriero dell’entroterra salernitano,
lo mandarono a studiare ingegneria a Napoli, con sostanziosi vaglia
mensile, anche una sua zia che gli voleva molto bene, non faceva mancare
il suo apporto generoso, gli affittarono una stanzetta a piazza Carità,
però agli studi preferì frequentare l’ambiente artistico, teatri, cafè,e
soprattutto i camerini delle attricette, dilapidando i soldi, con continue
richieste facendo finta di una prossima laurea.
Divenne amico di Ferdinando Russo, gli aveva fatto leggere alcuni suoi
versi, lo incoraggiò, le prime canzoni scriveva versi e musica fischiettata
sulla moda di Gambardella, poi si dedicò ai versi, musicate d’apprima
dai maestri non in voga ma già facendosi conoscere, mentre a casa
scriveva “esami a gonfie vele!!” Incominciò la collaborazione con
S.Gambardella durata un ventennio fino alla morte del musicista.
Scriveva di tutto, anche canzoni pubblicitarie ordinatogli dai commercianti
e industriali per il loro prodotto.
Faceva una bella vita, canzoni, donne e l’assegno di papà, poi si sposò
con la governante di famiglia, tre figli che interruppero momentaneamente
la voglia di divertisi.
Un suo successo, “Ninì Tirabusciò” declamava l’ambiente che amava,
la consacrazione con “O mare ‘e Mergellina” con musica di R.Falvo.
Alla vigilia della grande guerra il clamoroso successo di “O surdato nnammurato”
cantata anche dei militari in trincea, pensando al ritorno a casa.
Venne adottata dai bersaglieri come inno.
Non fruttò agli autori grandi somme, perché ceduta all’editore Gennarelli
per poche lire.
Questa canzone poi durante il fascismo fu messa all’indice, essendo “pacifista!”
L’anno dopo (1916) l’addio alla bella vita con “Tiempe belle”
consegnò il testo all’editore Feola e tornò al paese dicendo agli amici
che aveva sognato il padre che l’implorava di tornare nella sua terra
con moglie e figli.
Negli ultimi mesi continuò a scrivere canzoni, ma poco convincenti.
Morì a 49 anni, dopo un viaggio a Roma, dove si era recato a
consegnare una raccolta di sue poesie al predidente americano Wilson.
Si disse che morì di vaiolo, la gente del luogo per evitare il contaggio
bruciò tutti i suoi mobili!
Sorrento gli ha dedicato una strada, e dura da anni una disputa
con il comune di S.Egidio per la restituzione delle spoglie.

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