Prof. Stefano Brufani - "Egidio di Assisi tra i saraceni: un frate minore tra i non cristiani"

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Nel 700mo anniversario della morte di Dante Alighieri si deve ricordare che nella Divina Commedia la città Perugia non solo viene nominata espressamente, quando il sommo poeta scrive che da Porta Sole «sente freddo e caldo», ma è anche indirettamente evocata attraverso la figura del Beato Egidio.
Si legge nel Canto XI del Paradiso, dedicato a Francesco d’Assisi: «Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! / Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro / dietro a lo sposo, sì la sposa piace». L’Egidio a cui allude Dante venne a vivere a Perugia, precisamente a Monteripido, qualche anno dopo la morte del santo di Assisi. Salendo al Monte, ancora oggi si può visitare l’Oratorio a lui dedicato, dietro l’abside della chiesa conventuale.
Il terzo compagno di san Francesco era nato nella città di Assisi da una famiglia contadina. Nella primavera del 1208, all’età di circa diciotto anni, il 23 aprile, festa di san Giorgio, si era unito a frate Francesco. Nel 1210, insieme con gli altri penitenti di Assisi, aveva accompagnato Francesco a Roma dal papa Innocenzo III per presentare l’abbozzo di quella che poi diventerà la Regola della primitiva fraternità francescana.
Dopo una parentesi missionaria in Tunisia e vari pellegrinaggi nei santuari della cristianità, venne a stabilirsi definitivamente a Monteripido, dove visse fino alla morte, visitato da devoti e persone che ricercavano la sua saggezza. I suoi “detti” ebbero molta fortuna nel Trecento e nel Quattrocento, furono trascritti in molti codici e affascinarono molti per la loro semplicità ed efficacia spirituale.
Morì il 23 aprile del 1262, nello stesso giorno in cui aveva deciso di seguire Francesco. Il suo corpo fu portato dentro le mura cittadine, nel convento di San Francesco al Prato, e venne tumulato nel transetto meridionale della chiesa in uno splendido sarcofago paleocristiano.
Prima di morire Egidio aveva espresso il desiderio di rivedere la Porziuncola, ma i magistrati di Perugia si opposero alla sua idea e fecero presidiare la sua cella a Monteripido, nel timore di perderne il corpo; il frate, infatti, era circondato da una fama di santità, per essere stato uno dei primi compagni di san Francesco e per le frequenti esperienze mistiche. Egidio mandò a dire ai perugini che le campane non avrebbero suonato né per la sua canonizzazione né per grandi miracoli; da lui non era da attendersi altro segno che quello di Giona (l’unico segno che Gesù stesso, secondo il vangelo, avrebbe dato a coloro che chiedevano miracoli). Una volta morto, i perugini cercarono una pietra per dargli una degna sepoltura e trovarono una cassa marmorea nella quale era scolpita la storia di Giona; compresero allora quello che il frate voleva dire.
A Monteripido ora, a custodire la memoria di Egidio, si trova una fraternità di Frati Minori che si occupano di varie attività pastorali e culturali. Sono ospitati anche una cinquantina di studenti universitari, che frequentano le diverse facoltà della città.
Il 23 aprile, ormai da diversi anni, la fraternità di Monteripido cerca di tenere viva la memoria del terzo compagno di Francesco, perché non vada perduto quanto il Beato Egidio ha fatto non solo per l’Ordine dei Minori, ma anche per la città di Perugia.
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