Il pentito Onorato: ''Il poliziotto 'Faccia da mostro'? Era meglio di un uomo d'onore''

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I contatti della famiglia Madonia con uomini delle istituzioni come Arnaldo La Barbera, Bruno Contrada e Giovanni Aiello, anche noto come Faccia da mostro. Un uomo, quest'ultimo che in Cosa nostra "era ritenuto come atteggiamento meglio di un uomo d'onore". E poi ancora le confidenze raccolte da Emanuele Piazza (l'agente dei servizi di sicurezza ucciso il 15 marzo del 1990), i ruoli di primissimo piano di Salvatore Biondino e Gaetano Scotto. Questo e molti altri gli argomenti trattati nella lunga deposizione del collaboratore di giustizia Francesco Onorato nel processo Agostino per l'omicidio dell'agente di polizia Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, avvenuto il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, che si sta svolgendo nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.
Un'udienza significativa, se si pensa che viene svolta nello stesso luogo e nello stesso giorno in cui, nel 1987, il presidente Alfonso Giordano lesse il dispositivo della sentenza che concludeva il maxiprocesso di primo grado (346 condannati e 114 assolti; 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione). Una sentenza che venne unanimemente considerata un duro colpo a Cosa nostra. Oggi, per altri versi, il processo Agostino può offrire una nuova luce su una stagione di misteri e misfatti.
In queso senso la deposizione di Onorato, uno dei killer dell'omicidio di Salvo Lima e dell’agente del Sisde Emanuele Piazza, il poliziotto che si occupava della ricerca di latitanti la cui storia è in qualche modo legata anche a quella del poliziotto Agostino, ha un suo peso.
Di fatto per la prima volta in dibattimento (un primo accenno c'era stato pochi anni fa durante il processo sul depistaggio di via d'Amelio) - ha parlato di Faccia da mostro, fornendo elementi di riscontri alle dichiarazioni rilasciate da altri pentiti come Vito Galatolo e Vito Lo Forte.
Dopo aver descritto il ruolo in Cosa nostra di Gaetano Scotto (imputato nel processo come killer di Agostino) come "uno che portava l'acqua alla famiglia Madonia" e che aveva rapporti importanti con le istituzioni ("Pino Galatolo mi disse che Scotto aveva saputo da uomini delle istituzioni dove si trovava la località protetta del collaboratore Vito Lo Forte, perché voleva ucciderlo"), l'ex reggente di Partanna Mondello ha dichiarato di aver visto in più occasioni, a Vicolo Pipitone, un luogo in cui da sempre regna incontrastata la famiglia mafiosa dei Galatolo e che era stato ribattezzato “lo scannatoio dei Corleonesi”, soggetti di primo livello: "I Galatolo si recavano spesso a Vicolo Pipitono dove si incontravano anche con personaggi delle istituzioni. Gaetano Scotto era sempre di casa lì. Si strangolavano anche persone lì. Diverse volte abbiamo visto anche un certo Aiello, l’ho riconosciuto perché diverse volte l’ho incontrato a vicolo Pipitone ed era molto amico di Gaetano Scottto. Amico perché addirittura questo 'faccia da mostro', chiamato cosi perché aveva il viso sfregiato, tante volte l’ho visto con la moto una Harley Davidson. Era uno della polizia che era molto intimo sia con Gaetano Scotto che con i Galatolo ed i Madonia. Si diceva gli 'mancava solo la punciuta'. Perché aveva un atteggiamento che era meglio di un'uomo d'onore. Una persona fidata che serviva a tutti".

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