A molti agricoltori i raccolti sono marciti nei campi perché non c’era nessuno che accettava il lavoro per raccoglierli. E lo stesso è successo a tanti ristoratori o albergatori, rimasti senza camerieri perché - nel Paese con il tasso di occupazione più basso dell’Unione europea dopo Portogallo e Bulgaria - non c’erano italiani disposti a lavorare. O meglio, lo avrebbero magari fatto, anche a metà prezzo, ma “in nero”, tanto erano già coperti dal reddito di cittadinanza. Tutto il mondo dell’accoglienza in Italia ne ha sofferto, persino in questo anno orribile per il turismo. E la cosa peggiore è che proprio da chi aveva votato questa legge che paga oltre 3 milioni di italiani per lasciarli a casa senza fare niente, arrivavano accuse e polemiche verso gli imprenditori che, per sopravvivere, assumevano lavoratori extracomunitari.
È vero che gli intenti del Governo Conte-Di Maio-Salvini erano quelli di sostenere i più poveri e gli emarginati per reinserirli nel mondo del lavoro, ma ora questa legge sta solo distruggendo ricchezza, produce rancore e ingiustizia e, nei fatti, ha aperto praterie sconfinate per le attività della criminalità che proprio sul mondo dell’agricoltura e dell’accoglienza ha da tempo investito. L’agromafia grazie a questa marea di lavoratori disposti a lavorare in nero può infatti ulteriormente lucrare e organizzare attività illegali di reclutamento di manodopera. Già, perché è solo nell’illegalità e nell’assistenzialismo più becero che la mafia o la ’ndrangheta possono svilupparsi e rafforzarsi. E del resto non è un caso che il maggiore utilizzo di questo assistenzialismo senza controlli avvenga nelle regioni del Sud. Sono le aree dove c’è meno opportunità di lavoro regolare e al contrario c’è tanto lavoro nero e ci sono ad esempio pensioni di invalidità false. E una famiglia su 10 in Calabria percepisce il reddito di cittadinanza...
Che le cose non funzionino e che un progetto etico si è trasformato in un’occasione per diffondere l’illegalità, se ne è accorto persino Conte. Lui che col suo primo Governo giallo-verde aveva varato questo reddito di cittadinanza, annunciato da Di Maio al balcone come la rivoluzione per eliminare la povertà.
Il guaio è che, forse per un calcolo elettorale, avviata la legge non è stato fatto alcun controllo serio. Eppure almeno un milione dei percipienti avrebbero dovuto perdere questa indennità dopo aver rifiutato per 3 volte un lavoro. Ma l’Inps, che lo eroga, non ha mosso un dito. Anzi. Una delle maggiori accuse che si possono rivolgere a Tridico è che come presidente dell’Inps non si è in alcun modo preoccupato di avvisare le istituzioni che servivano controlli. Sia pure a fronte di un importo pro-capite medio mensile modesto (circa 560 euro), il peso per l’istituto di previdenza è oggi di 7,8 miliardi di euro l’anno. Ed anche per questo sono arrivati in ritardo - e in molti casi, non ancora - i soldi della cassa integrazione, come ben sanno tanti dipendenti di bar, ristoranti e hotel. Intanto il reddito di cittadinanza andava però a ’ndranghetisti o ai presunti assassini picchiatori romani del giovane aiutante cuoco Willy Monteiro Duarte.
Insomma, da un’idea magari giusta si è arrivati ad una gestione che favorisce solo l’illegalità e sulla quale l’Inps ha finora chiuso occhi, orecchie e bocca. Per questo Tridico deve andarsene. La buffonata del suo aumento di stipendio (voluto dal suo mentore Di Maio) è solo l’ultima goccia di tanti, troppi errori. È inaccettabile che in questa situazione drammatica ci sia chi prende il reddito di cittadinanza non già perché è senza lavoro, e ci sia pure chi cerca il lavoro (ma in nero) perché prende il reddito. Questo alimenta l’evasione fiscale e contributiva. Accresce la concorrenza sleale (dove l’agromafia sguazza alla grande). Per i criminali tutto questo è un regalo dello Stato, grasso che cola. E purtroppo ci sono anche gli imprenditori disonesti che se ne approfittano, sapendo che un lavoratore in nero si può mandare via in qualunque momento. Ed è in questo contesto che peggiorano anche le condizioni nella ristorazione, come ben mostra la ricerca di Restworld che mette in evidenza il progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro nei ristoranti.
Per concludere, un solo dato riportato in un’inchiesta del Corriere della sera: il reddito di cittadinanza è stato revocato finora solo a 8.200 famiglie su 1 milione e 300mila beneficiarie. I pochi controlli fatti (ma i funzionari dell’Inps dov’erano?) hanno fatto emergere che in un migliaio di casi l’assegno finiva a gente in carcere. E, cosa ugualmente incredibile, finivano e finiscono tuttora a persone già titolari di pensioni. Forse un controllo alle banche dati dell’Inps non sarebbe male...
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