Galimberti: Le relazioni umane e la follia d'amore

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In questa conferenza completa il filosofo Umberto Galimberti spiega i fondamenti della relazione "io e l'altro" "noi e gli altri", toccando anche altri argomenti filosofici a lui cari quali l'amore, la follia d'amore, le pulsioni, le emozioni e come costruire una buona relazione con i propri figli.

IL DUE VIENE PRIMA DELL’UNO: LA RELAZIONE PRECEDE L’IDENTITÀ
LA POTENZA GENERATIVA DELLA FOLLIA D’AMORE E IL PRIMATO DELLA DONNA NELLA RELAZIONE
Persona è “Per se unum” in latino; fin dalla radice etimologica del termine si ricava il primato dell’individuo, della sua unicità; mentre in greco persona si dice “Prosopos” che significa “chi mi sta di fronte”.
Infatti individualismo, egoismo, narcisismo sono le caratteristiche più evidenti della società contemporanea.

Ma il primato dell’individuo rispetto alla comunità è una “malattia antica”, eredità del pensiero giudaico cristiano (che è innanzitutto una cultura e non una religione), che ha messo al centro la salvezza dell’anima, la resurrezione dei corpi e la singolarità dell’esperienza e della vita di ognuno. Si diventa sé soltanto perché ci si affranca dalla società e dagli altri, perché si rivendica la propria identità in un processo di autodeterminazione che rimuove l’importanza del gruppo nel quale si è inseriti.

Così abbiamo anche perso il senso del limite e della misura che era ben presente nella antica Grecia. Continuiamo a rivendicare il nostro io quando è la specie che ci mette al mondo e decide la nostra morte. Ci sono due dimensioni della relazione: tra io e te, io e gli altri, io e il mondo.

E io e l’altra parte di me stesso, la mia dimensione interiore.
Va innanzitutto sottolineato che l’uno nasce dal due, l’uno non precede il due, è il contrario. Noi nasciamo dal corpo di una donna che quando è incinta è due: la relazione viene prima dell’identità. Infatti i bambini possono crescere solo in base alla relazione con i loro genitori, al riconoscimento. Io sono quello che gli altri
mi hanno riconosciuto. Per questo non è interessante come nasce un bambino ma come cresce. I bambini
sono figli dell’educazione. L’ambiente fa poco rispetto al potere di padri e madri.
Quando parliamo d’amore, la relazione per eccellenza, dovremmo chiederci se ciò che sentiamo sia frutto di una passione, una pulsione, un desiderio, un’angoscia, una idealizzazione, dobbiamo capire qual è il soggetto sotteso.
Mentre Socrate chiedeva “ti esti?”, che cos’è una cosa, Nietzsche invitava a capire la storia di quella cosa o parola, la sua radice e la sua trasformazione nel tempo. Allo stesso modo ogni nostro sentimento va
valutato rispetto alle vere intenzioni, alla natura e alla ragione prima, alla sua origine.
È l’amore che dispone dell’io, è la sessualità che comanda, l’amore è divino, c’è una follia divina che agisce dentro di noi.
Il termine “entusiasmo” deriva dal greco antico “enthusiasmós”: il dio che smania dentro di te, un Dio che conduce fuori dalla ragione. Infatti in amore si dice: “mi fai perdere la testa, mi fai impazzire”. Nella relazione amorosa l’altro deve infatti intercettare la mia follia che è ciò che caratterizza la specificità di ognuno, mentre la razionalità è solo un linguaggio universale e uniforme che permette di convivere e capirci. L’amore è sì inquietante ma anche profondamente generativo: quando l’io si è immerso nella propria follia, appunto grazie all’altro, riemerge rigenerato.
L’uomo originario per Aristotele era intero, rotondo, uomo con uomo, uomo con donna, donna con donna.
Tutto era mescolato. Poi Zeus li ha divisi in due e ora ognuno cerca l’altro, diventa uno quando è insieme all’altro, nell’amplesso si ricostruisce l’antica identità, la memoria di un tempo: l’amplesso genera l’uomo, e non il contrario.
Nella relazione la donna è certamente migliore dell’uomo, seppur le donne siano purtroppo rimaste per secoli subordinate all’uomo. La femmina offre la materia e l’uomo la forma, diceva Aristotele.
Anche nel Cristianesimo Gesù fa tutt’uno con il Padre, la Madonna fornisce solo la materia. Invece gli uomini dovrebbero recuperare la loro dimensione femminile, per Jung l’anima è la parte femminile dell’uomo, perché l’uomo ha solo l’intelligenza logico-matematica, mentre le donne hanno anche l’intelligenza intuitiva e l’intelligenza sentimentale, preziose facoltà cognitive che permettono una maggiore comprensione degli altri, di sé e del mondo.

Galimberti: Le relazioni umane e la follia d'amore

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