SOPRAVVIVERE E COMBATTERE A 3000 METRI DI QUOTA. UN CONFLITTO TRA LE VETTE: 1915-1918.

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Il massiccio dell'Adamello - che si trova oggi in territorio italiano - nel 1915 segnava il confine tra il nostro paese e l'impero austro-ungarico. Lungo l'estremità occidentale del fronte, esso si allungava tra i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella. A causa di tale circostanza, le cime dell'Adamello divennero uno dei più aspri e difficili fronti di combattimento dell'intero conflitto. Le quote superiori ai 3.000 metri e le condizioni estreme che esse imponevano, resero quelle montagne un teatro operativo che più di altri mise alla prova gli uomini e i primitivi mezzi dell'epoca. I due eserciti contrapposti vi si batterono dal 1915 al 1918, patendo molte perdite anche a causa della durezza dell'ambiente. Situato nelle Alpi Retiche meridionali, il massiccio si eleva fra le provincie di Brescia e Trento raggiungendo, con la cima omonima, una quota di 3.539 metri. Tutte le vette maggiori della regione superano i 3.000 metri di quota: il Carè Alto, il Dosson di Genova, il Corno di Cavento, il Crozzon di Lares, il Monte Mandronee, la Lobbia Alta. L'Adamello è anche il gruppo montuoso sul versante italiano delle Alpi che vanta i ghiacciai più estesi.

Nel 1915, allo scoppio della guerra, i combattimenti in montagna rappresentavano una novità pressoché assoluta. Temperature rigidissime, costante pericolo di tormente e valanghe, ambiente impervio ed elevata altitudine sembravano suggerire che la sopravvivenza in un contesto tanto estremo fosse impossibile. La neve impediva l'orientamento, nascondeva i crepacci alla vista ed il suo riverbero causava seri problemi agli occhi. Le vicende di nessuna battaglia combattuta ad alta quota erano state fino ad allora consegnate alla storia militare.

Le precedenti esperienze si riferivano solo a marce in ambiente montano, condotte a prezzo di enormi sacrifici. Nel dicembre del 1800, il generale Alexandre MacDonald aveva guidato la sua armata forte di 15.000 uomini a riunirsi alle truppe di Napoleone valicando il passo dello Spluga. MacDonald spinse i suoi lungo la mulattiera che da Montespluga scende ad Isola calandosi nella gola del Cardinello. Il tracciato in molti punti era stato aperto nella viva roccia e dava su strapiombi che precipitavano sul fondo della valle lungo la quale serpeggiava il torrente Lirio. Il gelo, le slavine e l'inclemenza del tempo seminarono la morte tra uomini e animali. Anche le marce delle colonne Gurko e Skobeleff nei Balcani durante la guerra russo-turca si erano concluse in modo analogo. Miglior sorte aveva invece avuto nel 1857 la leggendaria spedizione del capitano Randolph B. Marcy che guidò i propri uomini dallo Utah al Nuovo Messico attraverso le Montagne Rocciose nel pieno dell'inverno. In condizioni di tempo estreme, la colonna di Marcy, dovette affrontare le ultime due settimane di viaggio senza più provviste, sopravvivendo giorno per giorno. Nonostante ciò, il capitano Marcy, dopo 51 giorni di viaggio raggiunse la propria meta senza perdere un uomo. Italiani ed austriaci non erano preparati ad affrontare le sfide di una guerra in alta montagna. Nonostante le caratteristiche dell'ambiente condizionassero in modo evidente ogni scelta militare essi continuarono ad applicare le tattiche in uso all'epoca secondo le quali il controllo delle valli era assicurato dal possesso delle alture e la difesa andava costruita su più linee.

Allo scoppio delle ostilità il Regio esercito inviò sull'Adamello gli Alpini. Gli austriaci vi contrapposero gli Standschützen. Questi reparti erano formati da civili arruolati al di fuori delle classi di leva fra i tiratori iscritti ai poligoni e i cacciatori più abili. La duplice monarchia era infatti impegnata da quasi un anno contro i russi sul fronte orientale e non aveva quindi uomini da potere celermente inviare a combattere sul nuovo fronte. Gli Standschützen tuttavia, nonostante la poca preparazione militare, seppero resistere fino all'arrivo dei rinforzi dalla Galizia, favoriti anche dalla lentezza con cui la macchina bellica italiana si era messa in moto. Il punto chiave dell'intero settore era il passo del Tonale per avere via libera al quale era necessario controllare la cresta dei Monticelli. Il suo possesso divenne quindi l'obiettivo diretto o indiretto di tutte le azioni di ambo le parti. Gli eserciti contrapposti occuparono le alture e le vette circostanti.

Il fronte era ben diverso da quello carsico: non si trattava di una linea continua presidiata da migliaia di uomini ma di una serie di postazioni lontane fra loro e collocate nei punti strategici. In ognuna di esse combattevano poche decine di uomini. Quando le ostilità furono aperte il confine passava esattamente per il Passo Paradiso. Gli austriaci controllavano Punta d'Albiolo e la cresta dei Monticelli, dove stazionava un contingente composto da 75 Standschützen. Un reparto di sciatori manteneva i contatti tra questo presidio e il reparto austriaco attestato sul Rifugio Mandrone.

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