VITTORIO VENETO: LA BATTAGLIA CHE SEGNÒ LA FINE DELLA GRANDE GUERRA SUL FRONTE ITALIANO

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Il successo che arride agli italiani nella battaglia di Vittorio Veneto, affonda le proprie radici nell'offensiva lanciata dagli austro-ungarici durante il giugno del 1918 e passata alla storia come «Battaglia del Solstizio». L'esausto esercito della duplice monarchia getta infatti in quell’impresa - che si rivelerà inutile - tutte le sue ultime risorse senza ottenere il tanto sperato sfondamento del fronte. La grande offensiva lanciata dalla duplice monarchia fra il 15 e il 23 giugno dimostra con chiarezza che gli eserciti austro-ungarici hanno ormai prodotto tutti gli sforzi sostenibili e che il vecchio Impero Asburgico è vicino al collasso economico e politico. Le ultime risorse disponibili si sono esaurite. A fine giugno del 1918, gli italiani, dopo il disastro di Caporetto, dopo la ''Battaglia d’Arresto'' combattuta sul nuovo fronte Astico-Montello-mare e - soprattutto - dopo la ‘'Battaglia del Solstizio'', danno ormai la sensazione, anche agli Alleati, di essere in grado di vincere la guerra. Durante quell’estate si verificano importanti avvenimenti, primo fra tutti l'invio, da parte degli americani, di forti contingenti di truppe sul fronte occidentale. Oltre agli uomini, gli Stati Uniti inviano in Europa centinaia di navi cariche di ogni genere di materiali. L’impressione che la loro partecipazione al conflitto risulterà decisiva si radica sempre più. Ai primi di settembre il governo americano riconosce i Ceki e gli Slovacchi, già sudditi imperiali, come alleati; Francia e Inghilterra appoggiano con chiarezza la futura indipendenza delle nazionalità soggette all’Austria. Alla vigilia della battaglia di Vittorio Veneto gli Alleati sono però inquieti. Li infastidisce la presunta inerzia degli italiani mentre sul fronte francese infuriano gli scontri con i tedeschi. Pare che l'Italia cerchi di isolarsi proprio quando tutti gli altri serrano le fila come dimostrato dall’importante rottura del fronte bulgaro avvenuta fra il 14 e il 18 settembre ad opera di Serbi e Francesi. L’inattività bellica italiana è mal vista a Parigi, Londra e Washington. Il generale Foch invia messaggi tendenti a far credere che l’esercito austro-ungarico sia allo sbando, il che è vero solo in parte. Sul fronte del Piave e del Grappa rimangono ottime ed efficienti divisioni. Le forze di prima linea, composte da veterani del fronte, sono pronte a battersi fino all’ultimo uomo pur di stroncare le velleità italiane. La stampa inglese chiede ogni giorno un’azione sul nostro fronte e continua a ribadire la presunta agonia delle armate imperiali. Tutto l'impegno profuso da parte dei nostri alleati affinché l’Italia attacchi è però dettato da precisi - seppur legittimi - interessi: inglesi e francesi sanno che i tedeschi non deporranno mai le armi prima degli austro-ungarici. La resa dell’Austria potrebbe dunque accelerare la fine della guerra. In Italia, al comando supremo di Abano, tutto l’ottimismo degli Alleati non è affatto condiviso. Certo, le notizie di diserzioni, ammutinamenti, penuria assoluta di materiali e financo di viveri nell’esercito austriaco sono conosciute, ma Diaz, e il suo vice Badoglio, sono anche coscienti delle difficoltà di un'offensiva condotta fra i monti contro difese ben munite e tenute da uomini decisi a combattere. Questo sarà la battaglia di Vittorio Veneto che passerà alla storia con il nome della città liberata. L’Italia, unica fra le nazioni belligeranti, è stata costretta a chiamare alle armi la classe del 1899. Si tratta di ragazzi poco più che diciottenni. Secondo il pensiero dei generali italiani l'offensiva finale si sarebbe dovuta svolgere solo nella primavera del 1919. Per questo motivo, verso la fine di settembre Diaz decide di creare una testa di ponte dal Cesen a Susegana in vista della futura operazione. Il primo piano d'attacco - destinato a scattare nella primavera del 1919 - è elaborato dal colonnello Ugo Cavallero. Il generale Caviglia, comandante dell’armata del Montello, vi apporta poi una serie di modifiche. Il disegno di manovra che Caviglia appronta, prevede il forzamento del Piave e lo sfondamento del fronte in direzione Ponti della Priula - Vittorio Veneto, punto di congiunzione delle armate nemiche 5ª e 6ª. L'operazione è ancora prevista nella primavera del 1919. Se la manovra ipotizzata da Caviglia dovesse riuscire, diverrà allora possibile, mediante un’ampia conversione a sinistra, l’aggiramento della 6ª armata austriaca e l'arrivo delle forze italiane alle spalle del Grappa dalla parte di Feltre e della Valsugana. Con questa mossa, le armate nemiche, nel corso della manovra di ritirata, saranno costrette ad allontanarsi sempre più l'una dall’altra....

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