Perché conoscere non è sufficiente per cambiare - L'intervista a Giorgio Nardone

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Cosa dobbiamo conoscere per riuscire a cambiare? È questo l'aspetto su cui comunemente ci focalizziamo quando vogliamo intraprendere un cambiamento nella nostra vita. Dimentichiamo però che la conoscenza non è sufficiente per cambiare.

Giorgio Nardone, in occasione del Simposio "Conoscere l'uomo", ci parla dell'importanza di conoscere se stessi facendo esperienza e del perché sono le emozioni che esperiamo ad avviare i nostri processi di cambiamento.

Di seguito, il minutaggio degli argomenti affrontati durante l'intervista:
0:21 perché la conoscenza non è sufficiente a promuovere il cambiamento
1:55 l'importanza delle emozioni nei processi di cambiamento
4:41 conoscere se stessi facendo esperienza: conoscenza intellettuale vs conoscenza operativa
6:32 quando conoscere ci fa soffrire
7:34 l'ultimo cambiamento di Giorgio Nardone: la paternità

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LM: " Giorgio, molte persone sanno che dovrebbero cambiare, però poi nel concreto non lo fanno. Sembrerebbe quasi che la conoscenza non sia sufficiente a promuovere il cambiamento.”

GN: "direi che se esiste il cambiamento come processo naturale di ogni sistema vivente, esiste altresì la resistenza al cambiamento. Ogni sistema, una volta che ha strutturato un’omeostasi, cioè un equilibrio, tende a resistere al suo cambiamento. Una psicopatologia è una omeostasi che si è stabilizzata. E da quanto più tempo questa patologia è in corso, più strutturata è l'omeostasi. Ed è evidente che se io spiego, illustro, lavoro solo sulla conoscenza, non solo non riduco le resistenze, ma le incremento. Perché allerto ancora di più il sistema sul fatto che verrà cambiato.

La spiegazione non è quasi mai fonte di cambiamento perché lavora sulla coscienza. Mentre sappiamo che i cambiamenti importanti hanno bisogno di passare attraverso il paleoencefalo, l'emozionalità, e quindi abbiamo bisogno di creare vere e proprie esperienze emozionali correttive. Utilizziamo cioè strategie, stratagemmi e espedienti che vadano a colpire lì, producendo l'esperienza emozionale correttiva che è quel momento in cui la persona percepisce da un punto di vista diverso la realtà e cambia il suo agire.

Queste strategie permettono di indurre esperienze emozionali correttive dentro il dialogo o fuori, attraverso le prescrizioni, e fanno effettivamente scoprire alla persona l'alternativa al suo problema. Non gli viene spiegata, lo scopre. La spiegazione viene dopo. Nel nostro approccio il cambiamento viene prima dell'insight. L'insight è il prodotto del cambiamento. Non come nel 99% delle psicoterapie dove l'insight, la coscienza, la consapevolezza viene prima del cambiamento."

LM: "Nel libro - Sette argomenti essenziali per conoscere l'uomo -, tu dici che l'unica a conoscenza che può renderci liberi è quella che riguarda noi stessi e l'umanità. Potresti darci qualche indicazione? A parte leggere questo libro che effettivamente è molto interessante per avvicinarci alla conquista di questa conoscenza."

GN: "io intendo una conoscenza che non è mai solo una conoscenza intellettuale. Io ritengo la conoscenza una conoscenza esperienziale che quindi faccia in modo che le persone scoprano, attraverso le loro dinamiche e le loro interazioni con la realtà, il loro funzionamento. Quindi di nuovo è l'interazione che cambia una realtà che mi fa conoscere la realtà. Quindi è un cambiare per conoscere.

Anche con noi stessi: io conosco quello che sono se mi metto alla prova. E se mi metto alla prova in senso strategico: voglio imparare a fare una cosa, allora mentre la imparo comprendo quanto sono in grado di impararla (non se penso a impararla). Quindi una conoscenza operativa che si ha solo attraverso l'esperienzialità che mi permette di conoscere come io funziono.

È sempre un'interazione che però può essere, invece che casuale, strategica: quindi io metto in atto delle mosse, come nella teoria dei giochi di Von Neumann, per evocare delle risposte che mi permettono di aggiustare il gioco fino a raggiungere l'obiettivo. Questo è il tipo di conoscenza o la conoscenza strategica."

LM: "ci sono secondo te dei casi in cui conoscere può farci male?"

GN: "ce ne sono molti. Pensa: come mai i genitori sono gli ultimi a scoprire che il figlio si droga? Perché conoscerlo fa troppo male. Come mai si dice che la persona tradita è l'ultima che se ne accorge? Perché fa troppo male vederlo. Com'è che spesso, in modo quasi grottesco, l'ipocondriaco non vuole fare gli esami perché non vuole scoprire che magari è malato? Quindi sono dei meccanismi di, come dire, protezione da conoscenze che ci fanno male.

Un autore che io amo, Cioran, dice: - chi non ha sofferto a causa della conoscenza non ha conosciuto nulla -".

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