G. Rossini - ZELMIRA - Venezia 1988 - Gasdia, Merritt, Matteuzzi - SCIMONE

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Gioachino Rossini ZELMIRA- opera in 2 atti su libretto di A. L. Tottola – I rappr. Napoli. S. Carlo, 1822 - live, Venezia, T. La Fenice, 19 luglio 1988 – in forma di concerto
personaggi:
Polidoro, re di Lesbo, basso, JOSÈ GARCIA
Zelmira, sua figlia, soprano, CECILIA GASDIA
Ilo, principe di Troia, tenore, WILLIAM MATTEUZZI
Antenore, aspirante al trono di Mitilene, tenore, CHRIS MERRITT
Emma, ancella di Zelmira, mezzosoprano: BERNARDA FINK
Leucippo, basso, BOAZ SENATOR
Eacide, tenore, VERNON MIDGLEY
Sacerdote di Giove, basso, LESLIE FYSON
Popolo di Lesbo, guerrieri di Mitilene, seguaci di Ilo
Ambrosian Singers, M° John Mc Carthy - I Solisti Veneti, dir. CLAUDIO SCIMONE
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A chi come il sottoscritto si è accostato al teatro musicale nella seconda metà del Novecento, leggendo libri, saggi ecc. relativi alla storia dell’opera del secolo precedente, il termine “baritenore” poteva suonare come un ossimoro o una contraddizione in termini. Non avendo un preciso riferimento per immaginare di che tipo di cantante si potesse trattare, si cercavano esempi di tenori noti in cui convivessero al tempo stesso caratteristiche dei due registri; e immancabilmente la mente correva a un Franco Corelli, la cui voce era piuttosto scura. Ma si trattava di un’illusione, perché quel formidabile cantante era sì estesissimo verso l'alto, ma a onta delle ombreggiature timbriche non aveva molto da spendere verso il basso, ove si muovono i colleghi baritoni. Idem se si prendeva in esame un’altra voce tendente al colorito scuro, come quella di Mario del Monaco. Come diavolo potesse suonare dunque la voce di un Andrea Nozzari, reputatissimo baritenore del primo Ottocento, si poteva solo immaginarlo. Poi all’improvviso arrivò d’oltreoceano l’inaspettato Chris Merritt, e come per incanto si ebbe l’illusione di veder resuscitare uno di quei remoti progenitori della corda tenorile. In questa “Zelmira” veneziana la parte di Antenore, scritta all’origine proprio per il predetto Nozzari, parve calzare a pennello al tenore statunitense, allora in piena forma e che fece una grande impressione, strappando convinti applausi nel fare udire suoni insolitamente profondi in basso e salendo ai sovracuti con facilità irrisoria, passando per tutte le gradazioni intermedie, senza eccessivi mutamenti di colore che facessero pensare a un cantante “con due voci”. Dunque, cantavano così i baritenori? Chissà! Fatto sta che l’illusione, come detto, fu come in altre occasioni in cui udii Merritt al meglio, davvero forte.
In quel periodo Claudio Scimone coi suoi Solisti Veneti sovente dirigeva a Padova, a Venezia o altri luoghi del Veneto rappresentazioni in forma di concerto di varie partiture, spesso di Rossini, che preludevano a incisioni discografiche per l’etichetta Erato. Così fu anche in questa occasione, e a questa performance seguì a breve la registrazione con il medesimo cast, che oltre al divo del momento Merritt comprendeva alcuni altri nomi notevoli, come Cecilia Gasdia o l’estesissimo tenorino Matteuzzi, che non temeva le più impervie tessiture e per il quale persino il famoso Fa sovracuto dei “Puritani” sembrava acqua fresca. Gli altri si barcamenavano chi più chi meno bene, salvo lo scadente José Garcia, davvero deprecabile come in altre occasioni.
(Lele del Gatto)

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