Essere felici: dare voce al nostro demone o al senso della misura? - Umberto Galimberti

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Per Umberto Galimberti ognuno di noi ha dentro di sé un demone che può insegnarci ad essere felici. Trovare e dar voce al nostro "demone interiore" è possibile, e Galimberti ci spiega come.
In occasione dell'evento dei "Dialoghi dell'anima dell'educazione" ci offre anche qualche consiglio utile per i più giovani sull'argomento.

Ecco il minutaggio dell'intervista con i principali argomenti trattati:
0:00 il significato di “eudaimonia”
1:30 l’importanza di conoscere se stessi per trovare il proprio demone
2:45 perché realizzare il proprio demone secondo misura
4:43 il significato della morte secondo la visione greca
5:49 perché il mondo occidentale ha perso il concetto di giusta misura

LINK UTILI:
- Scopri il primo videocorso di Umberto Galimberti: “Filosofia del mondo e della vita” dove Galimberti ti accompagnerà alla scoperta dei 10 temi caratterizzanti l'essere umano, sui quali dovremmo riflettere al fine di affrontare i cambiamenti necessari per vivere al meglio il nuovo millennio. Se vuoi saperne di più, clicca qui al link: https://bit.ly/36nrDN5

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LM: “Un’idea che torna spesso nel tuo pensiero è quella che per essere felici dobbiamo trovare il nostro dáimōn. Che cos’è e come individuarlo?”

UG: “dáimōn è una parola greca da cui deriva il termine eudaimonia: la buona riuscita del tuo demone, la tua autorealizzazione.
Ciascuno di noi ha dentro di sé un demone, una virtù, una capacità. Che cos’è la tua virtù? Perché sei nato? Che cosa vuoi fare nella vita? Che cosa ti spinge a fare l’attore, piuttosto che il pittore, piuttosto che l’ingegnere?

E come faccio a sapere qual è il mio demone? Devi conoscere te stesso. Perché se tu non conosci te stesso come fai a sapere qual è il tuo demone. Cosa fai, guardi la televisione e vedi quello che ti piacerebbe fare a partire da lì? No, devi fare un lavoro di autoriflessione, capire chi sei.

Devi realizzare il tuo demone secondo misura. Cosa significa? Magari sei un attore ma non sei bravo magari come Marcello Mastroianni; allora non tentare di essere bravo come lui o più di lui. Esamina le tue capacità, collocati là dove sei, non oltrepassare la misura. Perché altrimenti prepari la tua rovina.

La giusta misura è in tutte le cose. Anche la bellezza consiste nella giusta proporzione degli elementi. I greci avevano questa categoria (la giusta misura) derivante dal fatto che l’uomo è mortale.

I greci, all’epoca di Omero, usano la parola protos per dire uomo: colui che è destinato a morire. Siamo mortali, basta. Questa è la misura. E allora quando ti arriva la felicità, la forza, la potenza della vita espandila più che puoi. Quando sopraggiunge il dolore reggilo ed evita di metterlo in scena.

Perché non muori perché ti sei ammalato ma ti sei ammalato perché fondamentalmente devi morire. Questa è la grande misura greca, che i cristiani non hanno. Perché i cristiani, dopo questa vita, ne aspettano un’altra, hanno un desiderio infinito e hanno perso la giusta misura.

Quando Prometeo dona agli uomini la tecnica, il mito greco lo rincatena alla roccia. Ma noi, Prometeo, l’abbiamo scatenato con la tecnica. Adesso la nostra capacità di fare supera di gran lunga la nostra capacità di prevedere gli effetti del nostro fare. Quindi ci muoviamo a mosca cieca.

La cultura e l’etica greca sarebbe una grande etica che dovrebbe intervenire nell’occidente, a contenere la sua volontà di potenza; a contenere la riduzione della terra dal luogo di abitazione dell’uomo a materia prima, non da usare, da usurare.

E qual è il limite? Capite cosa vuol dire essere greci?”

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