1991, 21 gennaio - Interrogatorio di Maurizio Cocciolone prigioniero in Iraq

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Le drammatiche immagini di Maurizio Cocciolone - abbattuto sui cieli dell'Iraq con Gianmarco Bellini e prigioniero in una guerra che ufficialmente l'Italia definisce "operazione di polizia" - entrano con tutto il loro carico di violenza nelle case degli italiani il 21 gennaio 1991. Conduce il T /g /2 ore 20 Mimmo Liguoro che scandisce con forza le parole, a sottolineare lo sdegno per l'uso mediatico e propagandistico del prigioniero, contrario alla Convenzione di Ginevra del 1949 [articoli 3-1c e 13, vedi http://it.wikisource.org/wiki/Trattam... ]. Liguoro precisa di mostrare "questo documento per dovere di informazione".
00:56 Inizio interrogatorio [si riporta la traduzione usata nel Tg]:
Può dirci il suo grado, nome e nazionalità?
Mi chiamo Maurizio Cocciolone, sono capitano dell'Aeronautica italiana.
Qual'è la sua età?
Ho trent'anni.
Ci può dire a quale reparto appartiene?
Il mio reparto è il 155° squadrone di stanza nella base degli Emirati Arabi Uniti.
Qual è il tipo del suo aereo?
È un Tornado.
Qual era la sua missione?
Attaccare un deposito di munizioni nella regione meridionale dell'Iraq.
Com'è stato abbattuto?
Non sappiamo esattamente. Si trattava di un colpo tirato dal suolo iracheno.
Qual è la sua opinione sulla guerra e sull'aggressione contro l'Iraq?
La guerra è il modo sbagliato di risolvere un problema politico. La guerra è una brutta cosa. Credo che la soluzione migliore sia trovare strumenti politici e pacifici per por fine al conflitto.
Lei ha un messaggio da trasmettere?
Io credo che l'unico messaggio possa essere rivolto ai miei leader politici. Risolvere un problema con la guerra è sempre folle. Bisogna trovare - ora - una soluzione politica per questa guerra.
Ho anche qualcosa da dire ai miei genitori, alla mia famiglia: "Non preoccupatevi. Sto abbastanza bene, qui. Hanno cura di me. Grazie.»
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Guardando quest'intervista a vent'anni di distanza, a parte l'impressione che fanno la giovane età del cap. Cocciolone e gli evidenti segni del duro trattamento psico-fisico cui fu sottoposto, colpisce la dignità con cui riuscì a cavarsela, senza scendere nell'invettiva contro chi l'aveva mandato in missione e senza citare l'«aggressione» all'Iraq (come si aspettavano i carcerieri e come altri piloti alleati fecero). Cocciolone si limitò a una generica condanna della guerra usando quasi integralmente le stesse parole dette nell'intervista raccolta da Franco Ferrari - prima delle ostilità - ad Al Dhafra, base della missione italiana Locusta.
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Cocciolone sarà sottoposto a un secondo pubblico interrogatorio - formalmente un'intervista della Tv irachena con tanto di compassato conduttore in borghese - in onda sulle Tv italiane il 24 gennaio 1991.
Aspetto esterno più curato, volto sbarbato, anche stavolta il capitano prigioniero si limita a dichiarazioni generiche del tipo: "sono molto fortunato ad essere ancora vivo".

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