Ep. 4: Piero De Marchis - Fotoreporter nella Torino anni 50-80 - Torino e Cultura - Fotografia

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Subscribe:    / @torinoecultura   "I ricordi di Piero De Marchis, fotoreporter nella Torino degli anni '50-'80"

Piero De Marchis, nato a Torino nel 1936, ha lavorato come fotoreporter per La Stampa dal 1952 al 1996. Nel video podcast "Torino e Cultura", realizzato dal figlio Carlo, Piero racconta alcuni episodi significativi della sua carriera che ben illustrano com'era la professione del fotografo in quegli anni e com'era la Torino di quei decenni.

Il primo ricordo d'infanzia è legato ai bombardamenti della seconda guerra mondiale: la paura durante i raid notturni quando, da bambino, scendeva nel rifugio antiaereo con la madre. In seguito si trasferisce con la famiglia a Crescentino, in provincia di Vercelli, per sfollare durante il conflitto. Il padre nel frattempo viene arrestato per motivi politici e Piero lo rivedrà solo alla Liberazione nel 1945.

Entra a lavorare a La Stampa a 16 anni, quando ancora la sede del giornale è in Galleria San Federico a Torino. Inizialmente viene assunto come dipendente dello studio fotografico Moiso e il suo compito è quello di accompagnare e aiutare il fotografo titolare nelle varie missioni in giro per la città. La prima foto pubblicata con il suo nome è quella della caduta della Mole Antonelliana durante i lavori di restauro nel 1953.

In quegli anni il lavoro di fotoreporter consisteva soprattutto nel seguire i casi di cronaca nera: lunghe attese fuori dalla Questura di Torino in attesa di notizie su omicidi, furti e altri reati da documentare con reportage fotografici. Si lavorava sempre in equipe con un giornalista e un autista, pronti a partire sui "fatti" appena si veniva avvisati dalla centrale di polizia. Venivano scattate centinaia di foto, anche se poi ne veniva pubblicata soltanto qualcuna scelta dal caposervizio. I giornali uscivano a mezzanotte, perciò le foto dovevano essere sviluppate e consegnate in tipografia in tempi rapidissimi.

Con gli anni Sessanta cambia anche il modo di fare fotogiornalismo: si passa alla fotocamera Nikon, compare il teleobiettivo per gli scatti a distanza. Nel 1968 Piero fa un reportage sulle manifestazioni studentesche, non senza rimetterci qualche "botta" dalla polizia. In generale la stampa è vista con sospetto dai movimenti di sinistra come giornale "padronale". Ci sono scontri e momenti di tensione, ma col tempo i fotografi riescono a ottenere una sorta di "lasciapassare" che permette loro di muoversi tra i dimostranti.

Oltre alla cronaca Piero ha molti ricordi legati allo sport (era appassionato di calcio) e agli spettacoli. Racconta di quando andò a fotografare Vittorio Gassman al Teatro Carignano nonostante il divieto assoluto di usare il flash durante lo spettacolo. Riuscì comunque a fare alcuni scatti nel camerino prima della rappresentazione. Un altro aneddoto divertente è quello di quando dimenticò un obiettivo nella casa del calciatore della Juventus Roberto Bettega: l'indomani Bettega glielo riportò personalmente in redazione facendolo sentire improvvisamente "famoso"!

La vita del fotoreporter era sicuramente molto intensa e impegnativa. Gli orari di lavoro erano decisi di settimana in settimana, quasi sempre con turni di notte o nei giorni festivi. La famiglia ne risentiva, con una presenza a casa piuttosto discontinua, per quanto la professione permettesse anche di fare incontri interessanti e di vivere la città "dietro le quinte".

Dagli anni Settanta alcuni fotografi iniziano però a porsi questioni etiche su cosa sia giusto documentare e su cosa no, soprattutto in ambito di cronaca. Piero racconta di un collega licenziato per essersi rifiutato di fotografare una minorenne; oppure della tragedia di un uomo che minacciò il suicidio se avessero pubblicato una certa foto, ma il giornale non tenne conto delle sue parole e l'uomo si tolse effettivamente la vita. Episodi che portano a una maggiore consapevolezza e a riflessioni sul ruolo sociale del fotogiornalismo.

In definitiva l'intervista restituisce uno spaccato autentico e appassionante della Torino tra gli anni Cinquanta e Settanta come la visse chi fu testimone dei più importanti fatti di cronaca di allora attraverso l'obiettivo della macchina fotografica.

  / demarchispiero  

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