Domenico Mungo, insegnante di lettere e poliedrico artista torinese, offre uno sguardo intimo e appassionato sulla sua città natale, Torino, descrivendola come un luogo di profonde contraddizioni e ricche tradizioni culturali. Attraverso le sue molteplici attività - scrittore, poeta, saggista, documentarista e musicista - Mungo ha dedicato gran parte della sua produzione artistica a raccontare l'anima di Torino.
Mungo descrive Torino come una città globale, paragonabile a metropoli come Londra, Berlino o New York, nonostante le sue dimensioni più contenute. Questa visione si basa sulla rilevanza storica, sociale, culturale e politica che Torino ha avuto nel corso del Novecento. "Torino ha distintamente un suo suono peculiare che probabilmente lo differenzia da tantissime altre città globali del mondo," afferma Mungo, sottolineando l'unicità della città.
Il racconto di Mungo si intreccia con la storia industriale di Torino, in particolare con la crisi della Fiat negli anni '80. Questo periodo ha segnato profondamente la città e la generazione di Mungo: "Cresco quindi in quella Torino plumbea, dove il suo colore dominante era il grigio, il grigio della fabbrica, il grigio dei proiettili del terrorismo, il grigio anche in un certo senso di tutta quella crisi che era legata anche all'austerity."
La narrazione di Mungo si concentra anche sulle contraddizioni intrinseche di Torino. Da un lato, è stata la città simbolo di una dinastia monarchica e capitale di un regno nascente; dall'altro, è diventata la "Motor City" italiana, sede di avanguardie operaie e movimenti antagonisti. "Torino è avanguardia anche in quello," dice Mungo, riferendosi al ruolo della città nel '68 e nei movimenti giovanili.
Un aspetto interessante dell'esperienza di Mungo è il suo coinvolgimento nella scena musicale underground torinese, in particolare nel movimento punk. Questa esperienza ha plasmato la sua visione artistica e il suo approccio alla narrazione della città. "Io stavo costruendo qualcosa ma con la volontà di distruggere qualcosa. Noi eravamo dei grandi nichilisti," ricorda Mungo, descrivendo la sua gioventù nel movimento punk.
Mungo evidenzia come la musica sia stata un veicolo fondamentale per raccontare Torino e le sue trasformazioni. Cita band come Negazione, Kina, e Nerorgasmo come influenze importanti, sottolineando come la scena musicale torinese si sia evoluta nel tempo, incorporando diversi generi e stili.
Un tema ricorrente nell'intervista è il rapporto di amore-odio che Mungo, come molti immigrati di seconda generazione, ha sviluppato con Torino. "Come tutti gli immigrati, odi comunque fondamentalmente, anche in maniera inconscia, il luogo che ti ha comunque coercizzato," spiega Mungo. Tuttavia, riconosce anche il "fascino magico" della città, definendola "bipolare" e piena di "contraddizioni straordinarie."
Mungo parla anche del suo progetto artistico "Black Mungo", che descrive come un'espressione multidisciplinare della sua arte. Questo progetto, che spazia dalla musica alla narrazione, rappresenta per Mungo un modo per continuare a raccontare Torino e il suo universo personale in forme diverse.
Riflettendo sulla Torino contemporanea, Mungo nota come la città abbia saputo reinventarsi, trasformando spazi industriali dismessi in luoghi di cultura e innovazione. Tuttavia, esprime anche un certo disorientamento di fronte ai cambiamenti: "La Torino di oggi è figlia delle contraddizioni ovviamente, una Torino in cui naturalmente io per certi aspetti fatico ad orientarmi."
Mungo conclude l'intervista riflettendo sul ruolo dell'artista nella società e sul delicato equilibrio tra l'espressione artistica e le necessità economiche. "Perché rifuggire allora l'aiuto istituzionale nel momento in cui ho quel bisogno per vivere? È una serie di contraddizioni," afferma, sottolineando come queste tensioni riflettano in qualche modo le contraddizioni stesse di Torino.
E visto che e' stata girata alle OGR aggiunge: "Amici di Piero è questo mega concerto che noi organizziamo da più di 20 anni in onore di Piero Maccarino che è stato uno degli esegeti di questa città che ha cognato forse lo slogan più famoso 'Torino è la mia città' che era l'anthem di una delle canzoni The Rough di cui lui era il frontman."
L'intervista offre uno sguardo profondo e personale su Torino, una città che, attraverso gli occhi e le parole di Domenico Mungo, emerge come un luogo di continua trasformazione, ricco di storia e cultura, ma sempre in bilico tra tradizione e innovazione, tra passato industriale e futuro creativo. La narrazione di Mungo cattura l'essenza di una città che, nonostante le sue contraddizioni - o forse proprio grazie ad esse - continua a essere un fertile terreno per l'arte e la cultura.
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