Maria Valtorta – Quaderni - 7 agosto 1944: Saulo interpella Gamaliele sulla lapidazione di Stefano

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Maria Valtorta – Quaderni - 7 agosto 1944: Saulo interpella Gamaliele sulla lapidazione di Stefano

Ieri sera ho avuto una singolarissima visione che sul principio mi ha lasciata proprio sbalordita. Poi ho capito che si riferiva alle prime persecuzioni verso i cristiani, avvenute proprio in Gerusalemme. Ma questo l’ho capito poi, quando la visione si è animata, perché sul principio non vedevo che l’interno del Tempio, e precisamente quel portico in quel cortile presso al quale è la bocca del Tesoro, quel punto, insomma, presso il quale, appoggiato a una colonna, Gesù osservava la folla nella visione della vedova che dà i due piccioli.
Alla stessa colonna, proprio alla stessa – la riconosco per la sua posizione presso le bocche del Tesoro e la scala che immette all’altro cortile – è un autorevole personaggio. Un fariseo certo, tale me lo denunciano la veste e il mio interno ammonitore.
È un uomo sui sessant’anni, a giudicare dall’aspetto. Dai 55 ai 60. Alto, di nobile portamento e anche bello nei tratti fortemente semitici. La fronte deve essere alta, ma non è scoperta per un bizzarro copricapo che la copre sino a quasi le sopracciglia molto folte e dritte, che ombreggiano due occhi intelligentissimi, penetranti, neri, molto lunghi di taglio e incassati ai lati di un naso che scende diritto dalla fronte, lungo, sottile, dalle narici palpitanti, lievemente curvo in basso, alla punta. Guance di un avorio carico piuttosto incavate, non per emaciazione ma per conformazione del viso. Bocca piuttosto larga, dalle labbra sottili, ma bella, ombreggiata da baffi che non ne superano gli angoli e che si mescono ad una barba tagliata quadrata, che scende non più di tre dita dal mento; i baffi e la barba, molto ben curati, sono di una brizzolatura tanto accentuata da esser più bianca che nera, come doveva essere inizialmente e come denunciano dei rari fili di un nero fin quasi azzurrognolo tanto è morato.
Ma quello che mi colpisce è l’abito. Sulla testa ha un copricapo fatto di un telo di lino piuttosto rigido, che cinge la fronte e si chiude sulla nuca come la cuffia delle infermiere di Croce Rossa. Il lembo libero ricade, al disopra della fermatura, sul collo e giunge alle spalle. È una specie di cappuccio, insomma, ma da adattarsi di volta in volta. L’abito invece è fatto così. Sotto, una lunga (fino a terra, a coprire i piedi, che infatti non vedo) veste di lino candidissimo, molto ampia, con maniche lunghe e larghe, tenuta a posto alla vita da una ricca cintura che è tutto un gallone di ricamo e di cordoni. La veste ha degli orli ricamati come a bordura, molto ampi. Sopra questa vi è una specie di sopraveste curiosissima. Dietro pare una pianeta da Messa: un pezzo di stoffa tutta ricamata che pende dalle spalle sin verso il ginocchio, aperta ai lati, e che sul davanti scende a V fino all’altezza di dove finisce lo sterno facendo pieghe: 3 per parte, e sullo sterno è tenuta raccolta da una targa lavorata di metallo prezioso, che pare la borchia o chiusura di una cintura preziosa, che va ad allacciarsi ai lati posteriori della pianeta (la chiamerò così) ma non strettamente: appena quel tanto da tenere tutto a posto. Oltre questa fibbia, la pianeta scende senza più pieghe fino al ginocchio.
Questo scarabocchio vorrebbe essere la parte davanti di questa parte dell’abito del fariseo. Non rida di me.
Tutto intorno ai suoi bordi, questa singolare casacca ha dei nastrini messi così: azzurri, fitti fitti. Questi nastri messi a frangia si ritrovano anche sui bordi di un amplissimo mantello di stoffa morbidissima, pare quasi una seta tanto è pieghevole e lieve, deve essere lino o lana del filato più fino, ma per la candidezza direi lino. Il mantello è tanto ampio che potrebbe bastare a coprire tre persone. Ora è aperto e pende dalle spalle sino a terra, dove si ammucchia con pieghe fastose.
Il fariseo ha le mani conserte sul petto, le braccia conserte, e guarda con severità e direi con disgusto qualche cosa. Non è sprezzante però. Direi addolorato.
Fin qui la prima parte della visione che ho descritto al presente per maggior vivezza, anche perché è tuttora presente alla mia vista come ieri sera. Se sapesse quanto ho studiato la veste del fariseo! Potrei dire e disegnare, se fossi capace, i ghirigori della fibbia preziosa e le greche dei bordi ricamati.
In un secondo tempo ho visto venire davanti al fariseo un giovinotto, un ebreo certo, dalle caratteristiche nette, e anzi un brutto ebreo. Bassotto, tarchiato, direi quasi un poco rachitico, con gambe molto corte e grosse, un poco divaricate ai ginocchi: le vedo bene perché ha veste corta come chi si appresta a viaggiare, me lo dice il mio ammonitore… Una veste grigiognola. Braccia pure corte e nerborute, collo corto e grosso che sostiene una testa piuttosto grossa, bruna, con capelli corti e ruvidi, dalle orecchie piuttosto sporgenti, labbra tumide, naso fortemente camuso, zigomi alti e grossi, fronte convessa e alta, occhi… tutt’altro che dolci....

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