GLI INGLESI «RACCONTANO» GLI ITALIANI. GIORNALISTI E SCRITTORI BRITANNICI SUL FRONTE DEL BELPAESE.

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Il governo inglese, durante la prima guerra mondiale, decide di spedire alcune delle migliori penne dell’impero britannico sul fronte italiano. Scrittori come Arthur Conan Doyle, l'autore di Sherlock Holmes, Gilbert Keith Chesterton il creatore di Padre Brown, Herbert George Wells che aveva dato vita alla Guerra dei Mondi e il Joseph Rudyard Kipling de «Il libro della Jungla», finiscono così fra le trincee del Carso o le cime dell’Adamello. Perché? L'idea di invitare in Italia Kypling, Conan Doyle ed altri famosi scrittori britannici è dell'ambasciatore inglese a Roma James Rennell Rodd. L'opinione pubblica anglosassone non percepisce la dimensione dello sforzo che gli italiani stanno compiendo sul loro fronte e tende a non attribuire scarsissima importanza agli eventi bellici che accadono in Italia. Dal punto di vista della propaganda questo è un elemento negativo. Rennell Rodd pensa dunque di servirsi di alcuni fra i più amati scrittori dell'impero britannico perché raccontino ai suoi concittadini che cosa accade sui campi di battaglia del Bel Paese. Le nostre regioni vengono così visitate da Conan Doyle, l'autore di Sherlock Holmes, dal Chesterton di Padre Brown, H.G. Wells che aveva dato vita alla Guerra dei Mondi e da Rudyard Kypling, l’uomo de «Il libro della Jungla». Ad impressionarli particolarmente è la guerra che viene combattuta sulle montagne, un teatro d’operazione che l’opinione pubblica britannica, abituata alla gerra di trincea, non conosce. Vediamo che cosa hanno scritto alcuni di loro. Kipling arriva da noi nel maggio del 1917. In una corrispondenza dall’Italia, che scrive per il Daily Telegraph e il New York Tribune e che intitola «Only a few steps higher up» e cioè «Soltanto pochi passi più in su», il 16 giugno 1917 scrive che gli Alpini gli appaiono «Buoni diavolacci» e «ragazzi briosi», «reclutati tra gli abitanti delle montagne, i quali – dice -sanno bene come queste la pensano. Sono uomini abituati a portare carichi lungo sentieri non più larghi di cinquanta o sessanta centimetri; uomini che girano intorno a precipizi di mille piedi di profondità. La montagna e la guerra che vi si combatte non possono non colpire uno scrittore come Rudyard Kypling. Si tratta di un ambiente estremo, che allo scoppio del conflitto si trasforma in un teatro di guerra inusuale e ardito dove i combattenti si affrontano rinnovando e ampliando il significato della parola coraggio. Alla sfida con l'avversario, l'uomo deve infatti affiancare - al pari dei primi alpinisti - quella con la natura, dando vita così a un confronto che ha in sé qualcosa di titanico, che colpisce la fantasia popolare. Proiettata in questa dimensione, la guerra era innanzitutto avventura, sfida alla natura prima che al nemico: l'aspetto drammatico scompariva e rimaneva quello eroico…». Le modalità del combattimento in montagna e l'asprezza del contesto naturale nel quale gli avversari si affrontano, colpiscono profondamente anche H. G. Wells. L'autore della Guerra dei mondi scrive che «il teatro di guerra alpino in Italia è straordinariamente diverso da qualsiasi altro fronte. Dall'Isonzo fino alla frontiera Svizzera si ha a che fare con alte montagne, tagliate da profonde vallate fra le quali, di solito, non esistono vie di collegamento laterale. […] Il tipo di combattimento che, per così dire, si impone in questa regione è la guerra di montagna. La disposizione dei belligeranti è più o meno la seguente. Gli austriaci occupano la valle A che si apre a nord. Gli italiani occupano la valle B che si apre verso sud. Si combatte per conquistare la vetta che le divide. Quella delle due parti che la conquista, guadagna la possibilità di spingere il proprio sguardo giù verso la valle avversaria, tempestandola con il proprio fuoco ed aggirando le posizioni nemiche al suo interno. […] Questa è per sommi capi l'essenza del combattimento in montagna. Potrei definire le sue peculiarità fra le più strane e pittoresche di tutte in questo tremendo conflitto mondiale». H. G. Wells pubblica questa sua descrizione della guerra d montagna in un libro del 1917, che da noi è rimasto inedito: «War and the future. Italy, France and Britain at war». Ma chi sono i coraggiosi «che si affrontano lassù dove osano le aquile?» A questa domanda H.G. Wells risponde che «gli uomini che combattono sulle Dolomiti sono forse i più sorprendenti fra tutti quelli impegnati sui diversi fronti». Mentre sale sulla montagna Wells nota sorpreso due alpini sofferenti che scendono a dorso di mulo. Sono stati colpiti da Congelamento nonostante sia pieno agosto. Lo scrittore britannico osserva come di frequente gli uomini che combattono in montagna abbiano quale unico collegamento con il mondo sottostante il cavo di una teleferica o la prospettiva di una ripida scalata.

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