MARACANAZO: la SCONFITTA più TRAUMATICA della storia del calcio

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«È stata una giornata di apoteosi del calcio». Lo scrive Vittorio Pozzo, l'ex ct dell'Italia campione del mondo nel 34 e nel 38, che quel Mondiale lo ha vissuto da inviato per il quotidiano La Stampa. Con quella frase di apertura, Pozzo inizia l'articolo in cui racconta la partita decisiva del Mondiale del 1950 tra Uruguay e Brasile. Il titolo dell'articolo era: 'Doccia fredda uruguayana sulla fame del Brasile: 2-1. Scenario mai visto di folla. Una ragazza-portafortuna è stata paracadutata invano'. Un titolo che dice tutto sulla quantità di cose da raccontare su questa partita passata alla storia e sui suoi protagonisti. Il primo tra tutti: Obdulio Varela.

La sera del 16 luglio 1950, Varela era da poco diventato l'eroe nazionale dell'Uruguay. Aveva alzato la coppa del mondo al Maracana, davanti a 200.000 brasiliani. Ma la gioia era durata meno del previsto. Obdulio era triste perché dopo l'ultima partita di quel Mondiale vinto era andato nel centro di Rio de Janeiro, ma stava assistendo a scene drammatiche. Stava vedendo da vicino tutta la gente brasiliana a pezzi, con le lacrime agli occhi per la beffa. In Brasile, da giorni era tutto pronto per la festa, un vero carnevale per le strade della città che sarebbe durato per tutta l'estate. Invece, nel pomeriggio del 16 luglio 1950, per le vie di Rio e di tutto il Brasile, c'era solo disperazione. Obdulio a un certo punto entra in un bar, si mette a sedere. Dopo pochi minuti entra un signore, alto, grosso e possente che sta vivendo uno dei momenti di massima fragilità. Sta piangendo come un bambino per la partita e dice: 'Varela ci ha fottuti'. Ed è lì che Obdulio si sente in colpa per quello che ha fatto.


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