Storia dell'inclusione scolastica in Italia

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La storia dell'inclusione scolastica degli alunni con disabilità comprende un periodo lungo quasi mezzo secolo. Prima degli anni Settanta, infatti, l'istruzione delle persone con disabilità avveniva in strutture separate, i cosiddetti "istituti speciali" o le classi differenziali. Il presupposto che stava alla base di ciò era di tipo medico: si pensava che gli studenti disabili potessero imparare meglio solo se inseriti in contesti in cui vi erano altri coetanei con la medesima patologia. Soltanto con l'ondata di proteste politico-sociali che vi fu alla fine degli anni Sessanta si arrivò ad una maggiore consapevolezza dell'emarginazione vissuta dai bambini e dagli adolescenti con disabilità. Ciò condusse alla prima legge che previde l'inserimento degli studenti "handicappati" nelle classi "normali", la legge 118 del 1971. Questo tiepido tentativo fu elemento di indagine della Commissione Parlamentare presieduta dalla senatrice Franca Falcucci, che portò all'elaborazione del celeberrimo "documento Falcucci". Era necessario, a detta della Commissione, un nuovo modo di intendere e di fare scuola, per far sì che si potesse arrivare alla piena integrazione (scolastica e sociale) della persona con disabilità. La legge che ne seguì, la famosa legge 517/1977, stabilì il primo passo verso l'integrazione delle persone disabili nei contesti scolastici, accompagnati da una figura nuova, quella del docente specializzato nel sostegno.
La legge 104 del 1992 costituì un altro tassello del percorso verso l'inclusione: gli articoli dal 12 al 17 della stessa stabilivano infatti la piena integrazione degli studenti "handicappati" non soltanto nella scuola dell'obbligo, ma "nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie".
A livello internazionale, poi, gli anni Duemila videro l'affermarsi di una nuova visione della disabilità, non più (o non solo) ancorata alla patologia e alla classificazione della stessa, bensì attenta anche al contesto e alle potenzialità della persona con disabilità. L'elaborazione dell'ICF e dell'ICF-CY da parte dell'OMS e la Dichiarazione dei diritti delle persone disabili da parte dell'ONU portano definitivamente ad un approccio bio-psico-sociale che sposta il focus dalla "menomazione" al contesto, e nello specifico ai fattori che possono renderlo "disabilitante".
L'adozione dei criteri ICF nella normativa scolastica, per quel che riguarda la compilazione del "Profilo di Funzionamento", come stabilito dal d.lgs 66/2017, completa il quadro di un percorso in divenire: quello verso l'inclusione, verso una scuola attenta ai bisogni educativi di tutti gli studenti.

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