Rinascita Scott: malavita, droga e armi raccontati dal pentito Servello, poi dichiarazioni Accorinti

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Rinascita Scott: malavita, droga e armi raccontati dal pentito Servello, poi le dichiarazioni spontanee di Giuseppe Accorinti - [17 marzo 2021]

Al maxiprocesso l’avvio dell’escussione del collaboratore di giustizia che l’1 giugno 2005 si autoaccusò (senza che ciò avesse seguito) della strage di Pizzinni costata la vita ai fratellini Pesce. Mancano i verbali firmati e l’esame viene aggiornato
Dopo il loquace Fiume, il puntuale Spatuzza e lo smemorato Albanese, continua la girandola dei collaboratori di giustizia al maxiprocesso Rinascita Scott. L’audizione di Angelo Servello, originario di Ionadi ma legato, nel corso della sua militanza alla criminalità organizzata, in particolare al clan Fiaré-Razionale di San Gregorio d’Ippona e al clan Accorinti di Zungri, viene anticipata da un acceso confronto tra il pm Andrea Buzzelli e l’avvocato Francesco Sabatino sulla norma che deve disciplinare l’esame del teste: imputato in procedimento connesso o testimone assistito? Armiere, narcotrafficante, reo confesso – sin dall’1 giugno del 2005 – di una strage che non è mai stata contestata, né a lui, né al presunto mandante, né al suo presunto complice nell’esecuzione materiale: l’eccidio di Pizzinni, che il 24 ottobre 1982 costò la vita ai fratellini Bartolo e Antonio Pesce, di 14 e 10 anni. Serve un’ordinanza del collegio presieduto dal giudice Brigida Cavasino per dirimere la questione. Condannato in via definitiva, esattamente un mese prima che scattasse la maxioperazione Rinascita Scott, a scontare 7 anni e 8 mesi di carcere per narcotraffico, viene così sentito come testimone assistito. «Volevano fare del male a me e alla mia famiglia, per questo ho deciso di collaboratore – esordisce – In particolare avevo timore di Giuseppe Accorinti di Zungri e Leone Soriano di Filandari. Anche Saverio Razionale mi disse che volevano uccidermi». E ancora: «Razionale lo conosco dagli anni ’80. È uno di spessore criminale. A lui fu ammazzato un cognato, Giuseppe Gasparro, a me è stato ucciso un fratello, Domenico. Entrambi, per questo, volevamo uccidere Francesco Fortuna detto Pomodoro, che ritenevamo responsabile dei nostri lutti. Razionale era un criminale di San Gregorio d’Ippona, l’ho frequentato per una vita. Quell’omicidio poi non lo abbiamo fatto, perché Razionale mi disse “Sospendiamo, se ne parla più avanti”. Io iniziai a fargli da autista, lo accompagnavo a Limbadi, a Vibo, nel Lametino. Lui era legato alla famiglia Fiaré».

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